15-04-2020

Alessandro Pipero: nel dopo emergenza l'accoglienza ancor più fondamentale

«Abbiamo bisogno di compiere un ulteriore salto di qualità nell'ospitalità: mettere a proprio agio i clienti, farli rilassare»

Il team del Pipero, il ristorante romano guidato d

Il team del Pipero, il ristorante romano guidato da Alessandro Pipero, al centro nella foto, con chef Ciro Scamardella, alla sua sinistra

Ci interroghiamo tutti su come ripartire, su cosa ci aspetterà dopo l'emergenza. Io non lo so, è giusto premetterlo; anzi, credo che nessuno lo sappia davvero. Di una cosa però sono certo: l'accoglienza sarà importantissima.

Mi spiego. Penso che non esista uomo di sala bravo se non è anche cliente di altri ristoranti. Io frequento spesso gli indirizzi dei colleghi. Sarà forse una mia propensione personale - non lo credo - ma io scelgo sempre di tornare solo in quei locali dove si è creato un bel rapporto umano. I piatti sono importanti, certo. Mi piace mangiare, li gusto, sono contento. Ma per spingermi a prenotare di nuovo, serve che si sia creata una certa empatia. Dobbiamo tutti capire che questo elemento è centrale: se mi stai simpatico io ti rivedo volentieri, al contrario andrò altrove. Puoi propormi una pizza fantastica, ma se non mi trovo a mio agio con te, ti saluto.

Questo era vero prima e sarà ancora più vero dopo questa fase difficilissima. Per superare la quale noi abbiamo bisogno essenzialmente di due cose. La prima, che lo Stato ci aiuti dal punto di vista economico, ma è scontato pensarlo. Però dobbiamo anche concentraci su quello che possiamo fare noi, sul nostro contributo quotidiano alla ripresa. E allora il secondo elemento indispensabile al fine di riportare i clienti al ristorante, italiani e stranieri che siano, è che siano accolti. Bene accolti. Anzi, accolti ancor meglio che in passato.

Pensiamoci: specie nei primi tempi, ci sarà ancora molto timore in giro. Ansia, tensione. La gente avrà voglia di uscire, ma sarà frenata da una certa paura. In questa fase, per convincerla a venire in un ristorante sarà importante la cucina, come sempre; ma sarà forse ancor più fondamentale l'accoglienza. Abbiamo insomma bisogno di compiere un ulteriore salto di qualità nell'ospitalità: diventerà una necessità come non mai saper mettere a proprio agio i clienti, trasmettere loro fiducia, farli rilassare. È proprio questo il compito che spetta a noi uomini di sala. Dico: dovremo tutti fare i camerieri, più di prima. Ci sarà fame di questa professione, se svolta bene.

Io ho tante fortune. Tra queste, quella di avere con me un uomo di sala di grandissimo livello, Achille Sardiello, tra i migliori in Italia. Anche grazie lui, ho reintrodotto in sala l'uso della lampada: è una cosa che amo da sempre, dà lustro a chi fa la nostra professione ed è una coccola per il commensale. Achille è un campione alla lampada. Vi prepara ad esempio Crêpes Suzette favolose: ci mette burro e arance buone, e invece del Grand Marnier uno straordinario liquore siciliano, Amara, che va anche in abbinamento al bicchiere. Non sono anche chicche come questa che possono avvicinare nuovamente la clientela al ristorante? Ripeto: all'Italia servono bravi camerieri.

Pipero con Achille Sardiello

Pipero con Achille Sardiello

Noi, con le scuole di sala, ce la metteremo tutta per formarne di nuovi. Mi manca molto la didattica: ci sentiamo tutti i giorni con gli alunni, loro ci chiedono suggerimenti e quale sarà il futuro. Dico loro che dobbiamo essere meno paccheri e più gnocchi di patate: ossia, una volta andati giù nella pentola, bisogna essere subito in grado di risalire.

Noi uomini di sala viviamo per il rapporto umano, e ce l'hanno tolto. Ma ripartiremo, risaliremo velocemente come gli gnocchi. E per farlo, servirà passione. Servirà l'uomo. Quando devo assumere un cameriere, ormai non guardo più di tanto al curriculum, non bado a quanti piatti sa portare - se solo pochi, gli insegnerò a farlo meglio -, né se ha la barba o i baffi: provo semmai a capire che tipo è, anche al di fuori della professione. Mi piacciono le persone semplici, "pulite", magari persino inesperte, perché poi pensiamo noi a far loro accumulare esperienza. Ma devono dimostrare passione e voglia di fare gruppo.

Alessandro Pipero con Marco Reitano e Massimo Bottura

Alessandro Pipero con Marco Reitano e Massimo Bottura

Tanti mi chiedono anche quale sarà la formula giusta per la ristorazione del futuro. L'idea che frulla per la testa di molti è abbassare i prezzi, cambiare formula, puntare di più sulla tradizione... Io non so dare consigli, ed è troppo presto per far previsioni. Solo, mi chiedo se abbia senso invertire all'unisono la rotta: siamo certi che la soluzione sia ritrovarci presto a far tutti le stesse cose? Ho i miei dubbi.

Una cosa è sicura. Io, al ritorno, so già cosa stappare. Niente champagne o vini importanti, per quelli ci sarà tempo. Ma una birra: perché è buona e sottovalutata. E poi perché fa compagnia.

(Testo raccolto da Carlo Passera)


In sala

Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri

a cura di

Alessandro Pipero

romano, classe 1974, è proprietario e dominus della sala del Pipero Roma, dove ha traslocato nel 2017 dopo gli anni del Pipero al Rex. È stato premiato come maître dell’Anno sulla guida Identità Golose 2013. Dopo la scuola alberghiera ha diretto, dal 2002 al 2008, la sala di Antonello Colonna a Labico, periodo nel quale è stato anche “miglior sommelier d’Italia” per la guida de L’Espresso (nel 2005). Nel 2008 si è messo in proprio ad Albano Laziale con Pipero e nel 2011 ha deciso di continuare le sue avventure nella capitale

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