11-05-2017
Anche Vincenzo Donatiello del Piazza Duomo di Alba interviene nel nostro dibattito sulla sala
Avevo 9 anni quando varcai la soglia di una cucina e di un office per la prima volta. Ero in ferie con la mia famiglia in quel di Cesenatico e, trasportato dall’entusiasmo del cameriere che seguì il nostro tavolo per tutta la vacanza, mi lasciai affascinare dalla sua cordialità, dal sorriso e dal suo modo di approcciarsi a noi, così come agli altri vacanzieri. Lui accontentò la mia richiesta di visitare la cucina e i loro luoghi di lavoro. Non so se effettivamente fu quello il momento in cui decisi cosa avessi voluto fare “da grande”, ma rimane sicuramente come una tappa zero, una prova, un trampolino di lancio per tutto quanto sarebbe arrivato in seguito.
A 14 anni, lasciai casa in compagnia di Mauro, mio fratello gemello: ci spostammo dalla Basilicata a Vieste, all’Ipssar “E. Mattei” (alla quale aggiungemmo una tappa di un anno a Casa Santa di Erice, in Sicilia) per studiare. Forti di questo dualismo cominciammo sin dalla prima pausa estiva scolastica a girovagare e iniziammo, come tanti, con la classica stagione in Romagna. A quella ne sarebbero seguite altre, km spesi nelle sale di hotel da Rimini a Milano Marittima. Una palestra, quella romagnola, sicuramente non perfetta ma protesa verso il cliente, calda e familiare, e che mi ha permesso di entrare in contatto con la rapidità di servizio, i grandi numeri e mi ha messo in condizione di esercitarmi con le lingue straniere.
Questo stato di inquieta attesa mi mandò in crisi e mi tenne poco sintonizzato su quello che stavo facendo e quello che avrei voluto fare. Risultato: tra il 2006 e il 2007 cambiai 5 posti di lavoro e l’ultimo luogo nel quale avrei voluto spendere le mie giornate era la sala di un ristorante. Fortunatamente un momento passeggero, una parentesi poco fortunata che mi fece aprire gli occhi su quanto valesse per me essere un uomo di sala. Mi permise di capire ciò che volevo e potevo costruire del mio futuro.
Gli anni a seguire sono stati un insieme di determinazione, incontri e opportunità che mi hanno portato oggi a dirigere sala e cantina di Piazza Duomo, 3 stelle Michelin e quest’anno quindicesimo ristorante al mondo per la World’s 50 Best Restaurant.
Vincenzo Donatiello
La grande sfida da affrontare è quella di formare una classe di sala per il nostro futuro: negli ultimi decenni l’immagine della sala ha perso lo smalto del passato e siamo nel pieno di una crisi “vocazionale” per la nostra professione. Gli chef sono le nuove star ed è difficile pensare, per molti giovanissimi di oggi, di voler spendere il proprio tempo per una professione che richiede sacrificio, volontà, attenzione al massimo, sia che si operi al bar sotto casa che al ristorante gastronomico.
La sala del Piazza Duomo
Chi vive questo nelle sue giornate sa bene di cosa stiamo parlando. L’uomo di sala del terzo millennio è un manager a tutti gli effetti ed è su questa immagine che dobbiamo fare perno per rendere nuovamente appetibile la nostra professione. Una professione complessa e affascinante, che ci arricchisce umanamente e culturalmente, che ci porta a contatto con umanità incredibili, che ci veste da ambasciatori di idee e territori, che ci permette di toccare le corde della sensibilità del prossimo come solo le grandi arti sanno fare. Eccolo l’uomo di sala del futuro: un po’ manager e un po’ artista.
*da qualche tempo mio fratello ha smesso i panni del cuoco e, dopo la formazione di sommellerie, ha iniziato il suo personale percorso di uomo di sala.
LEGGI ANCHE GLI ALTRI INTERVENTI SULLA SALA: Perché è sbagliato risparmiare sulla sala, di Diego Cognetti L'italiana che si fa largo nella Champagne, di Maria Elena Rossi In sala? Servono educazione e umiltà, di Luca Costanzi La mia sala in rosa, di Catia Uliassi La sala, come un gioco, di Barbara Manoni Trasmettere passione per la sala, di Alfredo Buonanno Grandi maestri, grande sala, di Alfredo Buonanno I pilastri della sala di Niko, di Cristiana Romito e Gianni Sinesi La sala da Reale a Spazio, di Cristiana Romito e Gianni Sinesi La sala non convenzionale di Eva, di Eva Gallo Il compito di insegnare ai giovani, di Domenico Di Gennaro Dobbiamo essere attori invisibili, di Vanessa Melis Sintonizzare sala e cucina, di Salvatore Vicari e Carmelo Iozzia Rossi Palestra di sala, ricordando Frank, di Giuseppe Palmieri Maître di montagna, di Jgor Tessari Più che un restaurant manager, di Alberto Tasinato Buona sala? Buon ristorante, di Renata Fugazzi La sala? Come una partita di calcio, di Roberto Adduono Vita, lavoro, passione, valori, di Mariella Caputo Con gli occhi di un bambino, di Matteo Bernardi I signori del far star bene, di Denis Bretta Dieci quesiti per una sala perfetta, di Enrico Camelio Il ristorante invisibile, di Lisa Foletti Le mie regole per la brigata di sala, di Donato Marzolla Governare una sala come questa, di Ruggero Penza L'importanza del vero cameriere, di Ramona Anello La rivoluzione parte dalla sala, di Ermes Cantera L'unione fa la brigata, di Simone Dimitri Ricominciamo dai camerieri, di Matteo Zappile Parola d'ordine: team, di Nicola Dell’Agnolo e Alberto Piras La mia vita, la mia sala, di Mariella Organi 50 sfumature di un maître, di Nicola Ultimo
Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri
a cura di
lucano, classe 1985, è restaurant manager e wine director del Piazza Duomo di Alba, tre stelle Michelin e inserito nella prestigiosa classifica dei 50 Best Restaurants of the World. È stato Miglior Sommelier Junior d’Italia 2004 e Miglior Direttore di Sala per la Guida del Touring 2016. Nutre un amore viscerale per tutto ciò che ruota attorno all’enogastronomia, con un debole per i viaggi, i ristoranti e per i vini di Champagne, Borgogna e i grandi rossi Italiani dalle Langhe al Sud