25-09-2020

La sfida di Terre di Cerealto: solo vitigni resistenti

L'azienda di Valdagno, in provincia di Vicenza, punta su varietà ancora poco note. E terreni a 700 metri di altitudine

Non chiamatela scommessa, ma semplicemente sfida. Perché partire da zero, in una zona che storicamente non è mai stata considerata come particolarmente vocata per i vini, salendo fino a quota 700 metri sul livello del mare, con vitigni che, almeno in Italia, sono ancora poco conosciuti, è sicuramente un mettersi alla prova, ma con le idee chiare.

Lo sanno bene Massimo Raniero e Silvestro Cracco, titolari dell’azienda Terre di Cerealto, fondata a Valdagno, in provincia di Vicenza, nel 2014. «Nel 2009 – spiega Silvestro Cracco – abbiamo iniziato a studiare il territorio e le analisi hanno dato risultati positivi. Siamo stati i primi in Veneto a puntare decisi sulle varietà resistenti, subito dsopo che erano state autorizzate».

I vigneti si trovano a Valdagno, a un'altitudine di circa 700 metri sul livello del mare

I vigneti si trovano a Valdagno, a un'altitudine di circa 700 metri sul livello del mare

Ma Valdagno non è zona di grandi vini. «Attorno abbiamo pascoli e cereali. Abbiamo deciso da subito di partire con un’attività che fosse sana e biologica. E avevamo questi vitigni resistenti che ben si adattavano al nostro territorio».

E c’è anche un discorso legato proprio alla difesa dell’ambiente: «Il bosco, pian piano, stava avanzando, “mangiando” i pascoli. Con i nostri vitigni abbiamo quindi pensato anche alla salvaguardia del territorio».

Un grappolo di Johanniter

Un grappolo di Johanniter

Perché la scelta è caduta sui vitigni resistenti? «Sappiamo che in Italia non sono molto conosciuti, anche se si stanno affermando – prosegue Massimo Raniero – Li abbiamo scelti perché, come dice il nome, sono resistenti, in particolare a oidio e peronospora. Così facciamo solo 2 o 3 trattamenti all’anno, contro i 20 di chi lavora in convenzionale. E si diminuisce anche l’inquinamento, usando meno i trattori, giusto per fare un esempio».

L'azienda prende il nome dalla frazione di Cerealto

L'azienda prende il nome dalla frazione di Cerealto

La scelta è caduta sui vitigni Bronner e Johanniter, mentre è stato realizzato un nuovo impianto di Sauvignon Gris con il quale Terre di Cerealto realizzerà le prime vendemmie proprio con il raccolto della vendemmia 2020. In totale c’è un ettaro e mezzo vitato e altrettanto terreno che entrerà in produzione con le prossime annate.

L’enologo è Nicola Biasi, con il quale è stato studiato un metodo classico, 100% Bronner. La prima annata, ovviamente millesimato in quanto non ci sono produzioni precedenti, è il 2017: ne sono state prodotte 740 bottiglie. Si chiama Pérge, ed è un Pas Dosé. In futuro uscirà anche lo Johanniter Brut e un Rosé con il Sauvignon Gris: l’idea è quella di puntare decisi sulle bollicine.

Pérge, il Pas Dosé dell'azienda

Pérge, il Pas Dosé dell'azienda

Questo Pérge è un prodotto interessante, che si scosta appena dai canoni della spumantistica italiana, e che punta molto su una sapidità derivata sia dal vitigno, sia dai terreni.  Un vino piacevole, con note di frutta matura, in particolare ananas e pesca, e una parte leggermente erbacea, con una struttura non eccessiva. In cantina stanno anche provando a un maggiore mantenimento del vino sui lieviti, per vedere l’evoluzione.

Il Cerealto, invece, è un bianco fermo, realizzato con il 60% di Johanniter e il 40% di Bronner: l’8% del mosto viene fermentato in barriques, per poi affinare 7 mesi sulle fecce fini con frequenti batonnage e un mese di affinamento in bottiglia prima della messa in commercio.

Cerealto è il vino bianco fermo

Cerealto è il vino bianco fermo

Il 2017, rispecchiando l’annata, è molto delicato, con note che vanno di più sul floreale e sull’erbaceo, e in bocca spicca per acidità e per una leggera speziatura, oltre che a una nota minerale. Il 2018, annata più calda, è più matura, al naso è anche maggiormente intenso, di impatto, con note di frutta tropicale, e in bocca ha una buona rotondità e un’ottima sapidità.

L’inizio di questa esperienza è interessante. Se c’è una cosa che, forse, manca è solo l’esperienza: d’altronde sono vitigni che poco si conoscono e che hanno bisogno di trovare il loro contesto, soprattutto in rapporto alle differenti stagioni. Esperienza che si fa solo in un modo: vendemmiando e producendo. Il banco di prova è una volta all’anno, non di più.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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