18-03-2020

Vini d'Abruzzo: «Basta restare nel buio, ma serve più d'orgoglio»

Il presidente del Consorzio di Tutela Valentino Di Campli: «Vitigni autoctoni e uomini: questa la nostra forza»

I bellissimi paesaggi d'Abruzzo, tra vigneti e

I bellissimi paesaggi d'Abruzzo, tra vigneti e montagne

La protezione quasi materna delle montagne e la gentile brezza del mare. Una natura praticamente incontaminata. E terreni diversi, frastagliati e variegati.

A guardare bene, in Abruzzo non si sta affatto male. Anche dal punto di vista della viticoltura, dove di certo le viti possono trovare un terreno fertile per prosperare.

Il Montepulciano d'Abruzzo, vino simbolo della regione

Il Montepulciano d'Abruzzo, vino simbolo della regione

Quella dell’Abruzzo è una delle regioni italiane con il maggiore potenziale vitivinicolo: per certi versi ancora un po’ “selvaggia”, è una terra dalla quale possono arrivare sia grandissimi vini rossi, sia bianchi di carattere.

Per un appassionato di vino, il viaggio in Abruzzo deve essere visto come una scoperta, come un rilancio di una zona che già ora sta producendo a ottimi livelli qualitativi, ma che forse pecca d’esperienza rispetto ad altre zone sulla carta più prestigiose, come Langhe, Montalcino o Bolgheri.

Il presidente del Consorzio Tutela Vini d'Abruzzo Valentino di Campli

Il presidente del Consorzio Tutela Vini d'Abruzzo Valentino di Campli

Forse è anche una questione di marketing, di saper “vendere” il proprio prodotto, la propria terra.

Proprio per questo abbiamo fatto un’analisi della situazione, ma anche una riflessione sul futuro, con il presidente del Consorzio Vini d’Abruzzo, Valentino Di Campli.

Si punta molto anche sulle uve bianche

Si punta molto anche sulle uve bianche

«Prima di tutto è giusto dare alcuni dati – spiega – Attualmente il Consorzio Vini d’Abruzzo copre sostanzialmente tutta la Regione. Come soci abbiamo oltre 200 cantine, più di 6.000 produttori, e continuiamo a crescere. In questo momento rappresentiamo l’85% della produzione regionale di vino, mancano poche realtà».

Terreni differenti per vini dalle tantissime sfaccettature

Terreni differenti per vini dalle tantissime sfaccettature

Cosa manca al Consorzio, o meglio, ai vini d’Abruzzo per poter emergere? «È una situazione dove si parte da buone prospettive – spiega Di Campli - che sono frutto del lavoro fatto nel corso degli ultimi anni. L’anno scorso abbiamo festeggiato i 50 anni della Doc Montepulciano d’Abruzzo: abbiamo fatto un percorso molto importante. Ma potremo arrivare al riconoscimento dell’Abruzzo come territorio enologico di altissimo pregio nel momento in cui, per prima cosa, noi abruzzesi avremo preso consapevolezza di quello che siamo. Perché molto spesso ci sminuiamo da soli e non abbiamo il coraggio di osare un pochino di più. La nostra regione, in senso generale, deve venire fuori da una situazione di quasi oscurità. Purtroppo ci si è accorti dell’Abruzzo solo nelle tragiche occasioni che sono venute alla ribalta, come i terremoti».

Di Campli: «Il binomio vino-territorio è fondamentale»

Di Campli: «Il binomio vino-territorio è fondamentale»

Quindi, per prima cosa, gli abruzzesi devono credere in loro stessi, puntare in alto con orgoglio e senza timori referenziali. Non solo nel mondo del vino.

«L’Abruzzo deve emergere come territorio nel suo complesso e, insieme, anche il vino. Il binomio vino-territorio è fondamentale. Ed è quello che manca, oggi. I vini vengono apprezzati nel mondo, molto spesso non conoscendo il territorio. Noi dobbiamo fare sempre di più attività d’informazione sul territorio, riuscendo a portare qui quelli che hanno apprezzato il nostro prodotto, per far capire da dove proviene e il valore intrinseco che ha».

Mare e vigneti: un binomio da sfruttare

Mare e vigneti: un binomio da sfruttare

Ma c’è qualcosa da fare anche dal punto di vista del vino, dove la qualità c’è, ma non sempre viene contestualizzata.

«Da parte nostra dobbiamo metterci non solo un po’ di coraggio, ma anche più organizzazione. Il Consorzio sta portando avanti un percorso di revisione dei Disciplinari di produzione, che hanno avuto negli ultimi anni solo piccole modifiche non significative, rispetto alla necessità che il territorio sia valorizzato rispetto alle sue diversità, alle sue identità. L’Abruzzo non è un territorio omogeneo: questo non è un fattore negativo, bensì positivo, se si riesce a rappresentarlo al meglio. Al momento, con questi disciplinari, non si valorizzano queste differenziazioni».

Un territorio meraviglioso

Un territorio meraviglioso

D’altronde si passa dalla Maiella o dal Gran Sasso al mare nel giro di pochi chilometri (in linea d’aria), con una vasta varietà di terreni e di differenze climatiche.

Di certo il Montepulciano d’Abruzzo può essere il traino per tutti i vini della Regione. Ed è una delle questioni trattate dalle modifiche dei disciplinari in corso: «Il Montepulciano d'Abruzzo ha già una grande forza che può aiutare tutto il sistema. Con le revisioni avremo la riconoscibilità di ciascun territorio, ma sarà poi compito dei produttori di far vedere le differenze. Ci saranno una serie di identità territoriali, come sottozone e menzioni geografiche».

La sfida di Di Campli: «Vogliamo far emergere la nostra identità».

La sfida di Di Campli: «Vogliamo far emergere la nostra identità».

I tempi sono maturi: nel 2018 il Consorzio si è dedicato al progetto, mentre nel 2019 la Regione ha portato avanti l’istruttoria e ora la pratica, dallo scorso settembre, è in mano al Ministero dell’Agricoltura che sta vagliando le proposte avanzate. Sembra ormai una questione di breve tempo.

«Vitigni autoctoni e uomini: questo è il nostro terroir – sottolinea Di Campli - L’Abruzzo è la quinta regione per produzione di vino in Italia. Ma per anni la nostra regione ha avuto – e ha ancora – una funzione di servizio rispetto ad altri territori che utilizzano i nostri prodotti come vini  da taglio. Niente di male, fa economia, ma non è ideale per la nostra immagine territoriale. Ora vogliamo far emergere questa nostra identità».

Il Cerasuolo, un rosato che piace molto in Italia

Il Cerasuolo, un rosato che piace molto in Italia

Il Montepulciano d’Abruzzo è sicuramente il punto di riferimento: «È il nostro vino più rappresentativo, viene esportato per il 60%. I bianchi autoctoni stanno crescendo: il Trebbiano d’Abruzzo era sicuramente già conosciuto, ma le nostre aziende stanno lavorando con grandissima convinzione su tutti gli autoctoni, Pecorino, Passerina, Cococciola, Montonico, perché hanno riscontri continui positivi sul mercato».

E il rosato: «Il Cerasuolo d'Abruzzo è un prodotto molto nazionale, perché il colore è più carico rispetto ai vini rosa diffusi a livello internazionale. Il color “cerasa” non è un colore provenzale. Se in Italia il mercato è fermo, il Cerasuolo d'Abruzzo si difende, con 10 milioni di bottiglie annue. All’estero lo vedono come un rosso scarico, non come un rosé».

C’è anche lo spumante, che però al momento rappresenta giusto il 2% della produzione complessiva. Un prodotto abbastanza “giovane” nel panorama dei vini abruzzesi: «Noi ci stavano già lavorando 15 anni fa. Abbiamo semplicemente constatato che i nostri vini sfusi, in particolare il Trebbiano, erano comprati per la spumantizzazione. A quel punto abbiamo pensato a come poterli valorizzare anche noi, abbiamo iniziato a sperimentare. Di certo è un’opportunità di mercato, ma non è certo il primo obiettivo».

Perché la priorità rimane la valorizzazione dell’Abruzzo. A 360 gradi.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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