08-11-2019

La Barbera d'Asti parla di Piemonte: una rivoluzione iniziata 10 anni fa

Viaggio alla riscoperta di un vino che veniva considerato "da osteria": «Non è più così, e vi spieghiamo perché»

La vendemmia della Barbera, tra tradizione e moder

La vendemmia della Barbera, tra tradizione e modernità

La parola “popolare” si può leggere con due eccezioni diverse. “Popolare” nel senso del popolo, ma anche “popolare” nel senso di famoso, che ha successo.

Bene la Barbera d’Asti è un vino certamente popolare, proprio perché si sta rivelando versatile, piacevole, immediato e anche giovane.

La raccolta in cassette

La raccolta in cassette

Bisogna assolutamente uscire dallo stereotipo del vino da osteria, si deve bandire la parola “rustico”. La Barbera deve essere un vino popolare in entrambi i significati del termine: legato alla gente del Piemonte da una parte, e di successo proprio per le sue caratteristiche di duttilità e di freschezza.

La Barbera d’Asti parla di Piemonte. Parla di una voglia di emergere, di un entusiasmo riacceso soprattutto dal riconoscimento della Docg, nel 2008, che può essere considerato l’anno della svolta.

Il presidente del Consorzio Filippo Mobrici

Il presidente del Consorzio Filippo Mobrici

È proprio il presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, Filippo Mobrici, a spiegare, anche solo con i numeri, l’importanza di questo prodotto.

«La Barbera copre circa 12mila ettari sui 46 mila totali del Piemonte. Il Nebbiolo, per fare un paragone, ne ha solo 6mila, mentre in seconda posizione c’è il Moscato con 10mila. La Barbera d’Asti è la più importante, con 5mila ettari iscritti all’Albo, ma di questi non tutti diventano Barbera d’Asti, in quanto c’è ancora la tradizione del vino sfuso. Mediamente si vendono 22milioni di bottiglie di Barbera d’Asti, la metà viene esportata».

Un bel grappolo di Barbera

Un bel grappolo di Barbera

Ma Mobrici non si ferma a dei freddi numeri. «La Barbera rappresenta il Piemonte. Si pensi a quanta storia ha scritto, da Carducci, fino arrivare alla musica, con Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. Perché ha scritto la storia del Piemonte? Perché è intrisa nella gente, non c’è famiglia, nel Monferrato, come nelle Langhe e nell’Alessandrino, che non abbia un legame con questo vitigno. È il vitigno autoctono più internazionale che esista, perché è duttile. Ma proprio questa duttilità spesso è stata abusata. La Barbera è generosa, come diceva Carducci, perché produce tanto. Ma noi dobbiamo gestirla. Ed è stata questa la rivoluzione della Barbera d’Asti degli ultimi 10 anni, partendo proprio dal riconoscimento della Docg».

«La gente, a partire dai produttori, ha capito che andava cambiato il registro. E così è stata fatta una selezione clonare, per scegliere quelli meno produttivi e qualitativamente migliori. C’è stata un’inversione di mentalità: non è più importante produrre tanto, sfruttando la generosità della Barbera, ma produrre bene. Gli stessi portinnesto scelto sono meno vigorosi, per produrre meno foglia e meno legno. E poi sono cambiati i viticoltori, si sono evoluti. Penso che i viticoltori della Barbera attualmente siano i migliori professionisti del Piemonte».

Mobrici mostra i grappoli appena prima di essere vendemmiati

Mobrici mostra i grappoli appena prima di essere vendemmiati

Un cambio di mentalità che si è tradotto anche in un aumento della qualità. «La Barbera si era abituati a farla un po’ come veniva. Era il vino da osteria. Ora abbiamo capito che si può farla buona, lavorando sul vigneto. Ma non solo: contestualmente in cantina la svolta è stata l’addomesticazione dell’acidità. Prima era un vino difficile perché era troppo acido, ora siamo riusciti a lavorare con una migliore gestione della fermentazione malolattica».

Un vino moderno, che piace soprattutto all’estero: si tratta del terzo vino rosso esportato nel mondo, dopo il Lambrusco e il Chianti. «Abbiamo sempre avuto un grande vino, dovevamo solo riscoprirlo – insiste Mobrici – Forse non è stata una rivoluzione, ma una evoluzione. Cosa è successo in questi anni? Tanti giovani imprenditori che hanno investito con entusiasmo, con la speranza che con questo vitigno, con questo territorio, potessero creare il loro futuro. Qualche anno fa era difficile trovare tale entusiasmo nei giovani, anzi, ahimè, c’era una tendenza ad abbandonare».

La Bersano è un'azienda di riferimento per la zona

La Bersano è un'azienda di riferimento per la zona

I vini assaggiati rispettano la storia e seguono uno stile moderno, di bevibilità, di duttilità. E gli esempi arrivano dai piccoli produttori, ma soprattutto dai grandi. Come la Bersano, azienda che produce un milione e 350mila bottiglie, che conta di 230 ettari di proprietà (ma con l’obiettivo di arrivare a 300), e con il 20% della produzione che arriva da conferitori. Un’azienda che, dopo alcune vicissitudini, vuole tornare al passato, a essere un riferimento per la zona.

La Bersano propone la Barbera d’Asti Docg Costalunga 2017, con una freschezza e immediatezza incredibile, della quale produce tra le 300 e le 400mila bottiglie, con un grande rapporto qualità prezzo. Dall’altra parte c’è il Nizza Docg Riserva 2015 (ricordiamo che è la Barbera prodotta nella zona di Nizza Monferrato, che si è guadagnata una Docg tutta sua), che invece esprime al massimo la potenzialità di questo straordinario vitigno.

Stefano Chiarlo racconta i suoi vini

Stefano Chiarlo racconta i suoi vini

Un’altra azienda di riferimento è la Michele Chiarlo. «Con Barbera d’Asti e Moscato d’Asti facciamo più di metà della nostra produzione, che attualmente è di circa un milione e 200mila bottiglie – spiega Stefano Chiarlo – Mio papà è stato tra i pionieri del Nizza, e per la Barbera aveva iniziato a ridurre le rese già nel 1984». Barbera nell’anima, si potrebbe dire.

E lo dimostra la Barbera d’Asti Docg Le Orme 2017, una delle colonne dell’azienda (con una produzione da mezzo milione di bottiglie, per intenderci), dove però la qualità è decisamente molto alta, con un frutto vivace, ricco e intenso che si sposa a una bocca ben equilibrata, dove l’acidità da quella spinta in più sulla bevibilità. La Barbera, nelle varie declinazioni, diventa un’escalation fino ad arrivare a La Court 2016, un Nizza Docg Riserva dalla grande complessità e dall’ottima longevità.

Altre Barbera d'Asti degustate: il livello medìo è alto

Altre Barbera d'Asti degustate: il livello medìo è alto

Ma non solo: citiamo anche le Barbera d’Asti 2017 Blina di Agostino Pavia, Lovetta 2017 di Angelo Bianco, Cursus Vitae 2017 di Carlin de Paolo e Casascarpa 2016 di Antica Casa Vinicola Scarpa.

Ma sono solo degli esempi. Se ne potrebbero citare molti altri.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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