29-06-2019

Gravner: «Sì alla biodinamica, ma non per avere un marchio»

E Josko spiega l'addio ai vitigni internazionali: «Si possono fare grandi vini solo con gli autoctoni»

Josko Gravner è considerato il signore delle anfo

Josko Gravner è considerato il signore delle anfore

«Il bianco Breg? Io non lo bevo. Io bevo la Ribolla, mi dà più emozioni e profondità». Josko Gravner non ha mezze misure, come già raccontato nel precedente articolo. Ha deciso che la sua terra deve diventare grande grazie alla Ribolla e non ai vitigni internazionali.

Così Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay, Riesling Italico non ci sono più. Espiantati. Al loro posto c’è la Ribolla. Punto.

La cantina con le 46 anfore

La cantina con le 46 anfore

Eppure il Breg è di certo il vino che per tanti anni ha conquistato gli appassionati di Gravner. Un vino che presto sparirà: da poco, infatti, è stata messa in commercio l’annata 2011, mentre bisognerà aspettare almeno un altro anno per l’annata 2012, che si preannuncia da “collezione”: ultima annata di Breg, della quale sono state prodotte pochissime bottiglie.

In futuro, come spiegato da Josko Gravner, la stessa sorte capiterà al Rujno, il vino rosso riserva realizzato da Merlot al 90% e Cabernet Sauvignon al 10%. «Noi dobbiamo puntare sugli autoctoni, sulla nostra terra. Quindi Ribolla e Pignolo».

Mateja Gravner in cantina con alcun delle bottiglie degustate durante la nostra visita

Mateja Gravner in cantina con alcun delle bottiglie degustate durante la nostra visita

Riassaggiando il bianco Breg 2011, Josko si fa scappare un sorriso: «Questo diventerà un grande vino, ha un grande potenziale». Ma poi riprende: «In molti hanno contestato la mia scelta di lasciar perdere il Breg, ma io vado per la mia strada».

La sua idea è chiara: «Non si possono più fare i grandi vini con vitigni internazionali, si possono fare solo con gli autoctoni. L’esempio è il Nebbiolo. Solo così noi potremo dimostrare la grande potenzialità dei nostri terreni».

Il vigneto di Hum, in Slovenia

Il vigneto di Hum, in Slovenia

Sono tre i vigneti coltivati da Gravner: Dedno, Hum e Runk, i primi due in Slovenia e l’altro in Italia. La produzione media annua è tra le 24 e le 35mila bottiglie. «La qualità deve andare a passo d’uomo: non si possono superare le 60mila bottiglie di produzione. Faccio un esempio, se lo scorso maggio avessimo avuto 5 ettari in più da gestire, con la pioggia che è venuta, sarebbe stato un guaio».

Azienda familiare al 100%: al suo fianco c’è la figlia Mateja, che segue soprattutto la parte commerciale. E poi c’è l’aiuto costante e silenzioso della moglie Marija.

Visita al vigneto di Runk insieme a Mateja Gravner

Visita al vigneto di Runk insieme a Mateja Gravner

«I vigneti sono vivi, in quanto si è cercato anche di mantenere un’elevata biodiversità – spiega Mateja Gravner - non si tratta di monoculture, ma dove era possibile sono state inserite altre varietà: ulivi, cipressi, meli selvatici, ornielli, sorbi. Sono importanti perché forniscono riparo a molti animali e supportano i nidi artificiali che sono stati appesi per ospitare diverse specie di uccelli. E poi ci sono gli stagni, che aiutano ad aumentare la vita all’interno dell’area. Nulla è lasciato al caso.

La coltivazione della Ribolla è prevalentemente ad alberello a ventaglio o candelabro, una tecnica che permette di avere una grande qualità, mentre per il Pignolo si utilizza il guyot. «Il  Pignolo è una varietà difficile, dagli acini molto piccoli. Tra le varietà a bacca rossa è quella che matura prima».

La cantina delle botti per l'affinamento

La cantina delle botti per l'affinamento

In cantina, poi, il procedimento è molto “semplice”. Per quanto riguarda i vini bianchi, viene effettuata una macerazione di 5 o 6 mesi sulle bucce in anfora, poi lo stesso vino viene svinato e lasciato senza bucce per un periodo simile di 5/6 mesi sempre in anfora, poi c’è una maturazione di almeno 6 anni in botte e di altri 6 mesi in bottiglia.

Dal 2016 anche i bianchi, come i rossi, non vengono diraspati. I rossi, invece, rimangono sulle bucce soltanto per il tempo necessario alla fermentazione e dal 2006 Gravner ha iniziato a utilizzare le anfore anche per questi vini.

I colori del Breg: da destra il 1995, senza macerazione, il 2004 e il 2009

I colori del Breg: da destra il 1995, senza macerazione, il 2004 e il 2009

Il bianco Breg 1995 è l’ultimo “pre rivoluzione”: niente anfora, niente macerazione, ma comunque un grande vino che racconta di come i prodotti di Josko Gravner fossero eccellenti già da allora. E’ un vino vivo, dal brillante colore giallo dorato, piacevole, complesso e profumato. Ma poi si arriva al 1998 dall’incredibile color ambrato vivo, e il cambio di passo è notevole: l’evoluzione riesce a portare all’esaltazione dei profumi aromatici dei singoli vitigni, a cui si aggiungono note di miele di castagno e speziatura, mantenendo una freschezza sconvolgente, con una persistenza incredibile.

«È la prima annata con botrite – spiega Josko - Mio papà diceva che lasciavamo i migliori grappoli in vigna, e si riveriva a quelli colpiti dalla botrite. Io gli dicevo che era vecchio… Anche allora mi ero sbagliato. E ho saputo ravvedermi».

L'interramento delle anfore

L'interramento delle anfore

L’annata 2004 è stata molto piovosa: è un vino che comunque riesce ad essere piacevolmente delicato e fine, finanche floreale. Anche qui la lunghezza in bocca è eccezionale. Il 2009 mostra invece una struttura superiore, con un grado alcolico di 15%, ma con una beva eccezionale: le note fruttate la fanno da padrona, con note anche di frutta secca e albicocca disidratata, mentre in bocca rimane piacevole e ampio. Anche qui si sente l’influenza della muffa nobile. L’annata 2011 l’aveva già descritta Josko: «Vedrete, diventerà un grande vino». Ma ripete anche che alla fine non ha nessun rimpianto, la strada si chiama Ribolla.

E che Ribolla sia, quindi, con un 2011 che va a braccetto con il Breg 2011, quindi dal potenziale incredibile, senza dimenticare una 2010 che comunque ha poco da invidiare alla “sorella più giovane”. E ancora la complessità della 2007 e la maturità di una 2003 che, in magnum, dimostra di poter rimanere in bottiglia agevolmente ancora per qualche anno e offrire sensazioni ancora più ampie e profonde.

Josko Gravner osserva il vigneto di Dedno. E guarda al futuro

Josko Gravner osserva il vigneto di Dedno. E guarda al futuro

Infine ci sono i Rujno, rossi riserva realizzati solo nelle annate migliori: il 2003 è uscito da poco, dopo 14 anni di permanenza in cantina, con almeno 5 anni di legno. La complessità è notevole, con una struttura da grande vino e una bevibilità incomparabile. Il 2007, invece, è una super anteprima: uscirà almeno nel 2021, se tutto va bene. Però è anche uno dei primi rossi dove è stata utilizzata l’anfora, riuscendo a esaltarne il bouquet che varia dal fruttato allo speziato, con un continuo rimbalzo di sensazioni olfattive e gustative.

Un’annotazione: i vini di Gravner non sono vini “da caminetto”, da meditazione. Sono vini che hanno un’incredibile facilità di beva. Andando oltre tutti i pregiudizi sul fatto che i vini macerati siano estremamente “difficili”. Anche chi beve vino dovrebbe imparare da Josko, e saper andare in direzione ostinata e contraria.

(seconda parte / fine)


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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