11-07-2018

I vini di Cloudy Bay: la Nuova Zelanda non è solo rugby

Dal Sauvignon del Marlborough, fino al Pinot Nero più a sud del mondo: prodotti d'eccellenza

I vigneti neozelandesi di Cloudy Bay

I vigneti neozelandesi di Cloudy Bay

«Forse conoscete la Nuova Zelanda per il rugby, per gli All Blacks. Ma ora potete conoscerla meglio anche per i vini». Scherza Wendy Van Den Schrick brand ambassador di Estate&Wines, gruppo Moet-Hennessy, nel presentare la produzione di Cloudy Bay.

L’azienda deve la sua nascita all’intuizione del fondatore David Hohnen, che si era innamorato della zona del Marlborough e che, con il socio Kevin Judd, ha portato nel 1985 il Sauvignon Blanc.

Andrea Pasqua e Wendy Van Den Schrick di Moet-Hennessy, con Carlo Cracco

Andrea Pasqua e Wendy Van Den Schrick di Moet-Hennessy, con Carlo Cracco

È questo l’inizio di un successo, che ha portato Cloudy Bay a ritagliarsi fin da subito un’importante fetta di mercato per quanto riguarda i vini del “nuovo mondo”, arrivando a una produzione di circa 6 milioni di bottiglie annue, con il Sauvignon che, come ammette Wendy Van Den Schrick, «viene esaurito tutti gli anni nel giro di breve tempo». E si tratta della maggiore produzione, in termini quantitativi, dell’azienda.

La qualità espressa da Cloudy Bay è stata al centro del pranzo degustazione al ristorante di Carlo Cracco, in Galleria a Milano, con la presenza anche di Andrea Pasqua, responsabile Moet-Hennessy Italia.

I vini in degustazione: da sinistra Te Wahi 2015, Pinot Noir 2017, Te Koko 2014 e Sauvignon Blanc 2017

I vini in degustazione: da sinistra Te Wahi 2015, Pinot Noir 2017, Te Koko 2014 e Sauvignon Blanc 2017

Il focus sui vini ha riguardato in particolare due vitigni: il Sauvignon Blanc, vero portabandiera nel mondo della produzione di Cloudy Bay, e il Pinot Noir, un piccolo gioiello che viene distribuito anche in Italia. «Per quanto riguarda il Sauvignon – spiega Wendy Van Den Schrick – vogliamo far capire la potenzialità del terroir del Marlborough. Riusciamo a produrre vini con note fruttate, di agrumi, di frutto della passione, di litchi, che vengono ben equilibrati da un’acidità sostenuta, che permette a questi vini di avere un’ottima bevibilità».

Il Sauvignon 2017 è un vino sicuramente pulito e piacevole, dove gli aromi varietali sono ben presenti ma non risultano stucchevoli. Oltre all’acidità, c’è anche una discreta sapidità che fanno di questo prodotto un vino beverino e scorrevole.

Te Koko Sauvignon Blanc 2014

Te Koko Sauvignon Blanc 2014

Di ben altro spessore, invece, il Te Koko Sauvignon Blanc 2014, dove in questo caso si ha una diversa interpretazione, alla ricerca di un vino importante e di struttura, anche da invecchiamento.

«Ma sono gli stessi vigneti - precisa subito Wendy Van Den Schrick – ma è differente il metodo di produzione. In questo caso viene effettuata la vendemmia a mano e successivamente fermenta e affina 8 mesi in legno e un anno in bottiglia, non prima però di fare una parziale fermentazione malolattica». Il Te Koko è un vino molto più pieno, corposo, importante: le note varietali vengono superate da un bouquet ricco e complesso, che tende anche allo speziato. In bocca è più pieno e “generoso”.

Te Wahi Pinot Noir 2015

Te Wahi Pinot Noir 2015

Passando al Pinot Noir, questo vitigno è stato portato nel Marlborough proprio da Cloudy Bay, nel 1986, e anche in questo caso i risultati hanno ripagato le aspettative. L’annata 2017 è fresca, precisa, pulita, molto beverina, un vino che risulta essere molto rispettoso del vitigno.

Un deciso cambio di passo lo abbiamo con il Te Wahi Pinot Noir 2015. E in questo caso, cambia anche la zona di produzione: si tratta infatti del Pinot Noir più a sud del mondo, nell’Otago, al 45esimo parallelo, esattamente come la Borgogna (ma sull’altro emisfero, ovviamente).

Sarà un caso? Secondo Cloudy Bay no, visto che l’azienda crede molto in questo vino che acquisisce note speziate, di caffè e cacao, ma anche di tabacco, che si amalgamano a ciliegia sotto spirito, frutti di bosco e ancora una nota leggermente floreale. Affina per 14 mesi in barriques di rovere francese, nuove per il 30%.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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