13-07-2017

Il mistero (irrisolto) della mineralità nel vino

Il convegno durante il Soave Preview ha affrontato il tema: il legame con il territorio non è l'unico fattore

I relatori del convegno e, al centro, il direttore

I relatori del convegno e, al centro, il direttore del consorzio del Soave Aldo Lorenzoni

Il dubbio amletico del mondo del vino: la mineralità esiste? Essere o non essere, questo è il problema.

Lasciando perdere il buon Shakespeare, il dibattito su questo aspetto del vino è stato al centro, oltre che di varie opinioni nei mesi scorsi, anche di un recente convegno che si è tenuto durante il Soave Preview, in particolare per comprendere se questa celeberrima mineralità possa essere soprattutto legata a un fattore di terroir vulcanico che caratterizza un’ampia area della stessa zona del Soave.

Un convegno che, a dire il vero, non ha tolto affatto i dubbi, ma che forse ha chiarito alcuni aspetti. L’intervento sicuramente più interessante è stato quello di Salvo Foti, enologo siciliano con radici ben piantate sull’Etna, che uscendo dall’aspetto puramente scientifico ha voluto dare una sua interpretazione a questo aspetto: «La mineralità esiste? Non lo so. Però so una cosa. Certi vini hanno un ché di “Muntagnolo”, cioè sanno di montagna. Per noi catanesi, è come andare appunto a Catania, in un chiosco, e bere il classico seltz, limone e sale. C’è l’aggressività dell'acidità, che è subito tamponata dal sale. Un’entrata fresca, e poi sapidità che vi appaga. Ecco, questa è la mia sensazione di sapidità».

E il legame con il territorio? E’ un fattore, anche se non l’unico. «Faccio l’esempio dell’Etna, da dove arrivo – continua Foti – E’ un concentrato di contraddizioni, su un vulcano attivo dove, durante le eruzioni, il terreno arriva dal cielo, con i lapilli. C’è un aspetto di tridimensionalità: Conta il versante (quello est è più vicino al mare), l'altitudine (che può arrivare fino ai 1300 metri) e il terzo elemento è il terreno, in verticalità, dipendentemente dal numero di colate laviche. C’è poi da considerare il clima, con una piovosità che arriva anche a 2mila millimetri d’acqua all’anno. Sono tutti fattori che contribuiscono alla realizzazione del vino, anche se quello più importante resta l’uomo. Prima di fare i vini minerali, iniziamo a fare i vini umani».

Grande successo anche quest'anno per Soave Preview

Grande successo anche quest'anno per Soave Preview

Il giornalista Alessandro Brizi, tra gli altri aspetti, ha voluto sottolineare come spesso il termine “minerale” sia legato a un aspetto puramente di marketing. «E’ una parola che spesso viene utilizzata impropriamente, un termine abusato. Semplicemente ci sono alcuni responsabili vendite che usano la parola “mineralità” per descrivere vini che hanno poco da dire». Anche se lo stesso giornalista sottolinea come ci siano alcuni aspetti scientifici che possano conferire note minerali a un vino.

Ma John Szabo, Master Sommelier, ha voluto fare alcune precisazioni: «Prima di tutto la mineralità non si sente al naso. Il secondo aspetto è che questa viene determinata da un insieme di componenti, non solo legati al terreno. Il ragionamento semplice: si può mediare la scienza con le nostre sensazioni, con la nostra sensibilità». 


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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