01-06-2017
Josko Sirk all'entrata della sua famosa Acetaia
La nostra cena a La Subida negli scatti di Tanio Liotta. Ricotta salata su letto di polenta
Bruscandoli, pane condito, sclopit, uovo di quaglia
Dadolata di cervo e salmerino, insalata di topinambur, nuvola di polenta dorata: squisito
Girini: briciole di pasta, germogli, asparago selvatico, fiori di salvia selvatica e aglio orsino, sclopit e pomodoro. Delizia
Mlinci: pasta fresca, leggermente abbrustolita, condita con i prodotti dell'orto e dadolata d'oca
Crema di asparagi verdi con misticanza di erbe e germogli primaverili, uova di trota
Gnocchi di patate, cuore di fegato grasso d'oca, spugnole e aglio orsino
Filetto di cervo scottato alla brace, uova di trota, pistacchio
Coscia di capriolo in crosta di polenta, fiori di finocchietto selvatico, borragine e rusculins (i germogli del luppolo) fritti
Mousse ai fiori di sambuco e fragole marinate
Millefoglie ai frutti di bosco
Josko Sirk è tornato solo a tarda sera, l’appuntamento è rimandato, «stamane all’alba papà è andato a sentire il canto del gallo cedrone sul Mangart», in Slovenia, ci spiega la figlia Tanja. Baita a 2mila metri d’altezza, lunghe camminate: alla fine lo spettacolo canoro non c’è stato, la natura non rimborsa il biglietto ma non è stato un problema, per Sirk queste sono escursioni rigeneranti. Lo aiutano a ossigenare la mente, a riflettere sul presente e sul futuro.
Che poi, l’attesa per noi non è stata per nulla spiacevole: a La Subida, il piccolo cosmo enoturistico immerso nella natura che lui ha creato, si sta divinamente bene, e ai suoi fornelli lo chef/genero Alessandro Gavagna sa il fatto suo. Non si vuole troppo discostare dalla lezione di Danicka Erzetic, mamma di Igor, quello di Branko, fu lei la prima cuoca qui; di Olga, mamma di Aldo Polencic; della stessa Ester, mamma di Josko... «Quando arrivai a Cormons, andai da loro, le madri dei produttori di vino della zona, per carpirne i segreti in cucina» racconta Gavagna. L’equilibrio tra piatti tradizionali, seppur ingentiliti, e piatti contemporanei («Diciamo 50%-50%») attira tanta gente, «continuiamo a macinare almeno 75 coperti nel weekend», non sono troppo distanti i tempi in cui arrivavano a 80-90 e in un giorno si consumavano 15 stinchi di vitello, specialità del locale.
I fratelli Mitja e Tanja Sirk con il marito di quest'ultima, lo chef Alessandro Gavagna
Non è questione di etnia né di storia, in buona parte comune: Cormons fa Carmòns in friulano, Krmin in sloveno, Kremaun in tedesco, ed è sempre la stessa cosa. «Gli sloveni corrono di più perché hanno dietro uno Stato» e non è, quella di Josko Sirk, una considerazione vittimistica, «c’è un fattore oggettivo. Se Lubiana investe nel turismo, non può che farlo qui e in poche altre zone. Se lo fa Roma, deve ricordarsi di Venezia, di Firenze, della Sicilia... E il Collio, la provincia di Gorizia, insomma questa nostra area arriva in fondo alla lista. E’ una realtà che dobbiamo accettare serenamente». Occorre pensare piuttosto al futuro, «a vivere e far vivere questo territorio. Tante cose sono cambiate, bisogna valorizzare le nostre amenità, le tipicità. Oggi la gente vuole andare a vedere gli orsi. E noi abbiamo evidenti opportunità nelle nuove dinamiche turistiche, non penso solo a queste colline ma anche al fatto che nella fascia pedemontana vantiamo tre siti Unesco. E che dire della grande laguna tra Monfalcone e Lignano: di una bellezza struggente. Ed è vergine!».
Una vasca nel bosco de La Subida
Eppure non tutto funziona, «due sono le cose che mi preoccupano. La prima: abbiamo valorizzato i marchi vinicoli delle singole realtà, non i territori». Il Collio produce 6 milioni di bottiglie, metà delle quali non ha scritto “Collio” sull’etichetta, se non in piccolo, sul retro, «un errore madornale. Un marchio dura una generazione e mezzo, la fama di un territorio almeno tre secoli. Che sia Collio, Friuli o quel che volete, ma serve un nome, uno slogan riconoscibile».
La produzione di aceto Sirk
Non è solo una considerazione sulla qualità, «il Barolo fa un ottimo lavoro, ma anche il Prosecco. La collina friulana, dal Carso a San Daniele, rischia di rimanere in mezzo al guado. Deve distinguersi dalla pianura. Non abbiamo mai scelto un vino bandiera, non abbiamo lavorato bene sui cru. Eppure facciamo ottima vinicoltura: non esiste un vino di qualità che non sia longevo, e i nostri lo sono, eccome! Dobbiamo tutti metterci in testa di dover stivare il 2 o 3% della nostra produzione in una cantina buia e dimenticarcelo lì. La parola d’ordine dev’essere scommettere sul nostro futuro, trovare gli obiettivi che ci caratterizzino». Un esempio: «Crediamo davvero nel Tocai? E allora puntiamo decisamente sul Friulano come vino bandiera: insieme, senza tentennamenti. Vogliamo sviluppare il turismo? Non è necessaria chissà quale dotazione di strutture: una spa costa moltissimo e invecchia presto. Conta di più il potenziale umano. Ecco, io guardo al futuro con entusiasmo, ma sono anche incazzato perché il nostro treno procede troppo lentamente».
La passeggiata è al termine. Arriviamo alla famosa Acetaia Sirk, 10mila bottiglie all’anno, una chicca che Josko porta avanti per sfida e per impegno, quello di valorizzare un prodotto tradizionale che l’industria ha infangato, «loro ci mettono poche ore a produrre cattivo aceto, noi 24 mesi per uno buono». La battaglia è appena iniziata, «in fondo ci lavoro solo da sette anni». Se l’entusiasmo e la determinazione sono dei giovanissimi, Sirk è davvero un gran ragazzino. «Nulla avviene se prima non si sogna»
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale