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Cristiano Tomei e una delle sue smorfie, al termine di una nostra cena eccezionale a L'Imbuto di Lucca (foto Tanio Liotta)
Il punto di vista di chi scrive è: Cristiano Tomei è uno dei migliori chef del nostro Paese. Rappresenta una specie di modello (uno dei modelli) di quella che potrebbe – dovrebbe – essere la cucina creativa italiana del futuro: uno spettacolare connubio di territorio, tradizione e apertura al mondo, proposto in vesti semplici, adatte a non épater le bourgeois.
Lui è uno che sta benissimo a Lucca ma saremmo curiosi di vederlo all’opera anche in una metropoli tipo Milano, chissà, in futuro: perché si diverte a richiamare il piatto della nonna, il legame con le sue radici toscane che sono insieme terragne – lavora a Lucca – e marinare – è nato a Viareggio, classe 1974, coetaneo di Alajmo e Romito; la sua cucina esalta insomma i prodotti dei dintorni, eppure sa accostarli con acume raro e tocco soave a esotismi mai gratuiti, sempre riletti con gli occhi di una contemporaneità tutta italiana. Come sa fare, tanto per dire, un Massimo Bottura. Il che lo rende adatto anche a una grande città, quanto il modenese, ovviamente.
L'entrata de L'Imbuto - quasi anonima - in una foto di qualche tempo fa
Oltretutto il suo L’Imbuto, all’interno del L.U.C.C.A - Lucca Center of Contemporary Art, ha poco del ristorante d’alta cucina, se si considera l’ambiente: sembra quasi un bistrot, per quanto raffinato. Ma è spesso pieno, in provincia, e senza scendere compromessi: persino il menu non esiste, si sceglie solo il numero di portate (facile facile: 5, 7 o 9, a 50, 70 o 90 euro) e ci si affida allo chef. In genere, questo diventa sinonimo di sala vuota. Non qui.
Cristiano Tomei e staff, nella foto di Tanio Liotta: da sinistra Luca Del Padrone, Leonardo Gasperoni, Giulia Magoga, lo chef e Alice Fatticcioni, che governa la cantina, interessantissima. Manca il sous Koki Fujishima
“Che Cristiano Tomei - forse il più irriverente e sanamente goliardico tra gli chef italici di una certa caratura, capace di divertirsi in cucina ma soprattutto di far divertire i commensali come pochi altri - abbia messo la testa a posto e intrapreso la strada dell'imborghesimento gastronomico?” si chiede Luciana Squadrilli sulla scheda dedicata a L’Imbuto, sulla Guida Identità Golose 2017 (altra conferma del fatto che l’uomo induce a tante domande, è difficilmente catalogabile).
Risposta possibile, forse probabile: ora che, da pochi mesi, è arrivato anche il piccolo Enea, che s’affianca all’altro figlio Sebastiano, lo chef avrà pure un poco attenuato il suo essere/atteggiarsi mattocchio – dovrà fare il bravo, con la moglie Laura Verpecinskaite a sorvegliarlo da vicino, lei guida la sala – però esprime appieno una creatività cristallina e strutturata, con una piena maturità di mano. Forse non è mai stato tanto completo come ora. Macché imborghesimento, se coincide con atteggiamento piacione: i piatti sono rotondi, ricchi di sapore, eppure rigorosi, taglienti.
(La nostra cena nella fotogallery di Tanio Liotta)
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it Instagram: carlopassera
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera