19-12-2016
Chef e maître sposi: lui è Renato Rizzardi (a sinistra), l'altro lui Sergio Olivetti, sono l'anima de La Locanda di Piero a Montecchio Precalcino (Vicenza). Lo scorso 26 settembre sono convolati a nozze dopo 27 anni vissuti insieme, una prima volta nel mondo dell'alta ristorazione italiana. Hanno raccontato a Identità Golose com'è andata, e la loro (bella) storia
Renato inizia il racconto, placidamente seduto davanti a noi. Sergio cammina invece avanti e indietro quasi con frenesia, affaccendato nella preparazione del servizio per la cena: ma intanto coglie le battute del primo, conferma particolari, aggiunge osservazioni. Per magia il dialogo che ne deriva non risulta spezzettato, infatti fa parte di un’unica storia, che è la loro. Di una narrazione che li vede come protagonisti, sempre insieme: è il fluire comune delle loro esistenze. Siamo a La Locanda di Piero: Renato Rizzardi è lo chef, Sergio Olivetti il maître-sommelier, e tanti altri ristoranti d’Italia si sognano un tale affiatamento tra cucina e sala. Difficile da eguagliare anche perché Renato e Sergio sono coppia inossidabile, oltre che sul lavoro, anche nella vita.
Di più: il 26 settembre scorso si sono sposati nello scenario suggestivo di Villa Capra, edificio neopalladiano a Sarcedo (Vi), grazie alla nuova legge sulle unioni civili, dopo esattamente 27 (!) anni di convivenza: il primo matrimonio gay dell’alta cucina italiana. C’è una foto che li ritrae all’uscita dalla villa, circondati da bolle di sapone. E un’altra, durante la festa seguente, non loro ai fornelli ma due amici, colleghi e uomini intelligenti, Alessandro Dal Degan de La Tana di Asiago e Alberto Basso del 3Quarti di Grancona.
Renato Rizzardi e Sergio Olivetti, al centro, tra i due chef che hanno preparato il loro pranzo di nozze, Alessandro Dal Degan de La Tana di Asiago e Alberto Basso del 3Quarti di Grancona
Poi vuole l’esperienza stellata, manda curriculum, gli rispondono in due: il San Domenico di Imola e l’Enoteca Pinchiorri di Firenze. Opta per il primo, «credo di aver fatto la scelta giusta». Tornerà in Veneto dopo essersi ritrovato quasi per caso pure negli Usa: «Il San Domenico voleva aprire a New York, saltò tutto, ma intanto avevo sviluppato contatti e mi offrirono di diventare aiuto-cuoco al Donatello del Pacific Plaza a San Francisco, allora il miglior ristorante italiano della zona. Dopo poco il cuoco si licenziò e mi scopersi non so come a guidare una brigata di 24 elementi».
Ma si parlava del ritorno in Italia, a Padova per la precisione: anno 1989, è all’Antico Brolo «che volevo prendere in gestione» quando incrocia lo sguardo di Sergio Olivetti, di due anni più giovane. Questi, originario di Lazise (Vr), era in quel periodo studente di Medicina «con qualche perplessità». Scatta la scintilla, s’innamorano e si fidanzano. Però la vita di uno chef è dura, «lavoriamo quando gli altri hanno tempo libero, abbiamo tempo libero quando gli altri lavorano», dice Renato.
Così, per poter stare insieme, si costruiscono il nido, La Locanda di Piero appunto: o meglio la rilevano, è loro dal primo gennaio 1992, «fu un investimento che ci dissanguò all’epoca, una vera e propria sfida. Per fortuna l’abbiamo vinta». Si organizzano così: Sergio cambia facoltà, si iscrive alla meno impegnativa Scienze Politiche, per dare una mano a Renato («Gli dissi che avrei provato per sei mesi, sono qui da 25 anni»), il secondo in cucina, l’altro in sala, così possono condividere la giornata: «Ero digiuno del mestiere – racconta Sergio – Probabilmente i camerieri avevano mangiato la foglia e mi guardavano un po’ così…». Si mette a studiare, frequenta corsi, oggi è un perfetto uomo di sala, competente e cortesissimo.
La torta che Marcello Trentini, chef del Magorabin di Torino, ha preparato per festeggiare le nozze di Renato e Sergio
Salto temporale e giungiamo dunque al matrimonio (la storia successiva de La Locanda di Piero è nota: si afferma come uno dei migliori ristoranti del Veneto, «avevamo fama di essere buoni, per pochi e cari. Il nostro cliente tipo era il milanese, più che la persona del posto»). Estate scorsa. Racconta Sergio: «Stavano per approvare la legge sulle unioni civili. A un certo punto, io ero seduto a guardare la televisione, arriva Renato, si mette in ginocchio: “Sergio, mi vuoi sposare?», commosso. Io: “Ma sì che ti sposo. Ora alzati, scemo”. Io sono una persona timidissima, amo fare il gregario, non essere al centro dell’attenzione. Diciamo che mi sono detto: “Sergio, questa volta esponiti, è per te ma anche per una buona causa”».
Divergenze? «Normali, a iniziare dalla cerimonia di nozze - ride Renato – Com’è nella sua natura, Sergio avrebbe voluto una cosa raccolta, con dieci invitati. Io pensavo invece a una grande festa, con noi che arriviamo in carrozza... Abbiamo trovato un compromesso». Non è facile condividere vita e lavoro, quasi h24. Renato: «Riusciamo a gestire insieme un ristorante da un quarto di secolo perché siamo una famiglia. Certo, i litigi sono quotidiani, anche pepati. In questo il matrimonio aiuta: si bisticcia ma poi si pensa: “Vabbé, ormai è mio marito”». Sorrisi e sguardi d’intesa.
Tortellini al maialino con salsa agrodolce al miele d'acacia, mele rosse Stark, prugne e semi di papavero: uno dei buoni piatti che chi scrive ha gustato a La Locanda di Piero (foto Tanio Liotta)
Ps: in tutto questo, la cucina de La Locanda di Piero è di ottima fattura, solida, golosa, intelligentemente territoriale. Un approdo sicuro. Due mesi dopo le nozze il locale ha perso la stella Michelin (presa nel 1999, persa una prima volta nel 2006, ripresa nel 2009 e adesso di nuovo il buio): «Non capisco, negli ultimi anni ci è sempre sembrato che la soddisfazione dei clienti fosse costante, il locale funziona. Non ti nascondo che la caduta della stella mi ha fatto molto male. Col nuovo che avanza alle volte temi che il vecchio perda il suo motivo di essere: non tanto per le guide, ma per i tuoi clienti». Una piccola macchia, ma che non cancella il loro 2016 radioso.
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera