27-09-2016
Cinquant'anni per una delle insegne storiche della grande ristorazione italiana, il Da Romano di Viareggio. Li ha compiuti il 15 aprile scorso, noi abbiamo aspettato che la stagione volgesse al termine per fare un bilancio insieme di un anno e di mezzo secolo, in compagnia di Romano e Roberto Franceschini, padre e figlio sempre sul pezzo (nella foto con Franca, rispettivamente moglie e madre)
Fotogallery della nostra cena Da Romano, qualche giorno fa. Gli scatti sono di Tanio Liotta. Si inizia con qualche fritto: sogliolina di Viareggio, gamberetti di fondale, calamaretti e fiori di zucca farciti con scampi
Carpaccio di scampo, maionese di pesca, limone salato, uva bianca, germogli di carote selvatiche, pomodoro cotto a bassa temperatura
Altro sempreverde: sogliole, triglie, sugarello, sparnocchi, gambero rosso, scampo e cicale di mare con fagioli schiaccioni di Pietrasanta
Scampo e fagiolini su letto di pomodoro
Sogliola, pomodoro e rucola (il pomodoro è in molte consistenze: come maionese, come composta, poi crudo e confit)
Triglia impanata col panko, stracciatella di bufala, origano e battuto di melanzane
Calamaretti ripieni di verdure e crostacei
Linguine alle vongole 3.0 (la prima versione era una linguina classica, nella seconda la pasta cuoceva nell'acqua delle vongole, in questa l'acqua stessa viene montata a maionese con l'olio e poi c'è il prezzemolo in crema)
Risotto Acquerello con cicale, scampi, gamberi rossi, sparnocchi, polvere di crostacei e il suo ristretto
Ombrina di fondale e verdure
Finocchio, arance e biscotti alle mandorle
Fresco d'estate: pesca, melone, yogurt e karkadé
Nel 1966 Luna 3 tocca il suolo del nostro satellite, l’Arno sommerge Firenze, viene trasmesso il primo episodio di Star Trek, gli Stati Uniti iniziano massicci bombardamenti sul Vietnam del Nord, Simon and Garfunkel pubblicano Sounds of Silence, la Ignis Varese diventa squadra campione mondiale di basket mentre l’Inghilterra trionfa in quelli di calcio. Nel 1966 un giovanissimo Romano Franceschini, allora 22enne, apre con la moglie Franca il suo ristorantino in quella Viareggio che l’aveva accolto sei anni prima, la famiglia di lui, contadina, era di Montecarlo (Lucca) ma lui si era trasferito nella città rivierasca attirato dal boom che la stava interessando, «c’era La Bussola che era diventata famosa, ci veniva a cantare Renato Carosone, poi Peppino Di Capri, poi ancora Mina». Anni d’oro. Iniziò nel 1960 lavorando in una famosa pizzeria-torteria. si chiamava Rizieri ed esiste ancora
Calamaretti ripieni di verdure e crostacei: un classicissimo
Non è l’unico paragone possibile: questa è una storia tutta familiare, dove i figli succedono ai genitori ereditandone il bagaglio di esperienze e arricchendolo con un tocco di modernità: come per i Cerea che, sarà un caso, hanno festeggiato il loro mezzo secolo sempre quest’anno, qualche mese fa (leggi qui l’articolo sulle celebrazioni e le due puntate - qui e qui - della nostra intervista esclusiva). Dunque 50 anni di Da Romano, come di Da Vittorio, e poi i 20 di Norbert Niederkofler (leggi qui), i 10 di Mauro Colagreco (leggi qui)… Oggi che la cucina va forte ovunque e pare a volte dominata da futile frenesia che dura un battito d’ali, la grandezza sta anche nel sapersi perpetuare, senza perdere la coscienza dei tempi.
Romano Franceschini e la moglie Franca Checchi con la giovane brigata: Andrea Papa, Elisa Cecchi, Imane Pisani e Marco Piatti
“Affianca”, diciamo, non "sostituisce": perché il padre, del 1943, è ancora sul pezzo, «io non resto a letto fino alle 10, chi dorme non piglia pesci. Tutte le mattine vado dai pescatori a procurarmi il meglio, gli scampi invece mi arrivano la sera. Mi diverto ancora così».
Da Romano rimane il tempo versiliano dell’ottimo pescato, delle buone maniere e di una sala curata con raffinatezza, pensiamo agli storici e ormai introvabili sottopiatti Richard Ginori, «i migliori di sempre». La stagione estiva è andata alla grande, i Franceschini – Romano, Franca, Roberto, sua figlia Cristina… - gongolano. Così, a raccontare la loro storia, c’è l’orgoglio di chi è riuscito ad andare avanti, non la nostalgia con la quale si guarda a un passato di successo ormai sbiadito: «Iniziammo che un pasto al ristorante costava 1.000 lire – ricorda il patron, più in forma che mai – Già nel 1967-68 si prese a lavorare molto bene, Nel 1969 vincemmo un concorso di gastronomia indetto dal quotidiano Il Tirreno e così l’anno successivo fummo ammessi al Festival della cucina marinara che si teneva a bordo di una nave a Venezia. Conoscemmo Gigi Veronelli, Luigi Carnacina…». Fu l’alba del successo vero e proprio.
Fantasia di pesce crudo
Ma com’è cambiata la clientela in tutto questo tempo? «Non è cambiata, nel senso che vengono oggi quarantenni o cinquantenni che venivano già da bambini. Certo, non c’erano le intolleranze alimentari ormai così diffuse. E ora tutti richiedono maggiore leggerezza e sono più attenti alla stagionalità». La solarità dei Franceschini è rimasta invece sempre la stessa: «La maggior soddisfazione? Crescere sempre. E vedere che la gente apprezza». Facile, no?
Ps: un ultimo episodio che vale la pena narrare lo ricaviamo dal comunicato stampa celebrativo dei 50 anni: "Nel 1985, a meno di vent’anni dall’apertura, arriva il primo grande riconoscimento: la stella assegnata dalla Guida Rossa che, dopo trent’anni, mantiene ancora. In quei giorni due personaggi si trovano a cena in via Mazzini. Sono Carlo Petrini e Stefano Bonilli. Nasce Da Romano - e lo confermerà in un articolo Petrini - il manifesto di Arcigola, che poi diventerà da un lato Slow Food e dall’altro il Gambero Rosso".
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
A destra, Giuseppe Mancino, chef del ristorante Piccolo Principe del Grand Hotel Principe di Piemonte di Viareggio, qui in visita all’azienda agricola Biodinamica Mediterranea. Al suo fianco, il titolare dell'azienda di Marina di Pietrasanta, Luca Salvatori
Trancetto di maialotto di Montaione, cipolline allo zafferano, albicocche al miso e crema di uova di pesce: buonissimo, il piatto che per noi vale il viaggio a Viareggio, al Lunasia di Luca Landi. Foto Tanio Liotta
Una cucina elegante e creative, che ha radici campane, ma si ispira anche alle esperienze vissute dallo chef in Europa, Francia e alla Toscana