02-09-2016
Niko Romito a Identità Milano (ma sarà anche alla prossima Identità New York, dal 4 al 6 ottobre, all'Eataly della metropoli statunitense). Lo chef svela a Identità Golose i concetti che sta portando avanti e che innervano i suoi progetti in cucina
L'eccezionale cena al Reale di Castel di Sangro, regno di Niko Romito, nella fotogallery firmata Tanio Liotta (mentre la foto sopra dello chef è di Brambilla-Serrani)
Amuse bouche: Soffice di pistacchio salato, Ravanello marinato, Pane e ragù, Pomodoro pelato arrosto glassato al miele, Patata sotto la cenere (Foto Tanio Liotta)
Infuso di bietola
Mandorla e misticanza alcolica
Spigola, capperi e prezzemolo
Calamaro, pepe rosa e lattuga
Cocomero e pomodoro
Pancetta e sedano rapa
Tortelli con pollo, sedano e maggiorana
Animelle, panna, limone e sale
Verza arrosto
Spaghetti e pomodoro
Piccione fondente e pistacchio
Gel di vitello, infuso di porcini secchi, mandorle e tartufo nero
Granita di liquirizia, aceto bianco, cioccolato e aceto balsamico: una bomba favolosa per il palato
Piccola pasticceria finale
Scena: fine cena di sabato 27 agosto. Chi scrive si accomoda nel salottino sopra al ristorante, al Reale Casadonna di Castel di Sangro. Dopo pochi minuti arriva Niko Romito, il padrone di casa. Gin tonic e chiacchiere: entrambi – visto il personaggio – di assoluto livello. Lui parla ispirato, lucido, attento, prendendosi pause di riflessione, soppesando le parole, addensando i concetti, bilanciando i toni, centellinando l’essenza del suo pensiero. Il paragone coi suoi piatti è fin troppo ovvio, ma fondato. Lo ascolto senza prendere appunti come pur andrebbe fatto: è forte la tentazione di chiedere una pausa per agguantare il block notes rimasto di sotto… ma meglio così, meglio lasciar divagare Niko liberamente, fuori dagli imbarazzi, dalle reticenze, dalle schematicità di un’intervista classica. L’importante – mi dico – è fissare nella memoria quanto sta raccontando, perché varrà bene un articolo. Questo articolo, per la precisione. (La cena è stata eccezionale. Una carrellata di entusiasmante “minimalismo concentrato” tra grandi classici - Animelle, panna, limone e sale (2013), Assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano tostato (2010), Gel di Vitello, porcini secchi, mandorle e tartufo nero (2011) – piatti più recenti (favoloso il Cocomero e pomodoro, anno 2015) e recentissimi: Verza arrosto, Tortelli con pollo, sedano e maggiorana, Spigola, capperi e prezzemolo).
1) STANDARDIZZARE LA CUCINA «Occorre standardizzare le ricette della cucina italiana, quelle classiche, per avere un canone di riferimento ed elevare il livello medio di qualità. In fondo, è il lavoro che hanno fatto Alain Ducasse e Joël Robuchon quando si sono proposti di moltiplicare i loro indirizzi. In Italia è un processo in parte già affrontato ma da ampliare e consolidare» ed era proprio Ducasse, aggiungiamo noi, a lamentarsi: «Non aprirò mai un ristorante gastronomico di alta cucina in Italia finché gli italiani non si metteranno d’accordo tra di loro su quanto tempo debba cuocere un etto di spaghetti».
Lo Spazio di Niko Romito a Milano
3) MODELLO EATALY «Dobbiamo proporre una migliore cucina italiana all’estero, e questo si può fare avendo come punto di riferimento ricette e procedure standardizzate ma di qualità. E’, in fondo, il modello Eataly, che funziona benissimo: loro esportano i prodotti, noi possiamo esportare la nostra tavola d’eccellenza».
4) DOVE NASCE LA CREATIVITA’ «Chiedo ai miei collaboratori di essere creativi, ma non quando sono da Spazio, bensì a Castel di Sangro, dove abbiamo tutti i laboratori e gli strumenti per la sperimentazione. Noi lavoriamo molto sulla ricerca, qui in Abruzzo: quanto viene elaborato in queste cucine diventa poi il modello standard da replicare ovunque andremo ad aprire».
5) IL RUOLO DELLO CHEF «La standardizzazione deve calare dall’alto, non crescere dal basso. E’ lo chef d’alta cucina che ha tutte le conoscenze e gli strumenti necessari per elaborare ricette di fine dining per il proprio ristorante gastronomico, e poi altre, semplificate, ma sempre d’altissima qualità, che possano essere replicate altrove. Lo chef fa ricerca, possiede le tecniche, studia a fondo i prodotti, sa come valorizzarli al meglio. Poi trova anche gli accorgimenti necessari per standardizzare. E’ una dinamica virtuosa che non può essere operata dal basso. Vi è, in fondo, lo stesso rapporto che riscontro tra alta moda e prêt-à-porter».
Il Reale Casadonna di Castel di Sangro
7) MIGLIORARE ANCHE LA RISTORAZIONE COLLETTIVA «Tale logica ha spazi di sviluppo clamorosi. Il 19 ottobre a Roma presenterò un grande progetto che sto portando avanti da mesi con La Sapienza e il Gruppo GioService Cristo Re per ottenere un incredibile salto di qualità nella ristorazione collettiva ospedaliera. Il concetto di fondo è: il controllo di qualità non va solo fatto in entrata – quando cioè il prodotto giunge in cucina – ma anche in uscita, quando cioè esce dalla stessa per raggiungere il commensale. Un pomodoro che viene acquistato buono deve essere buono nel piatto. Oggi nella ristorazione collettiva ospedaliera la qualità è troppo variabile, perché anziché dipendere da protocolli standard spesso dipende dalla diversa sensibilità di chi si trova in quel momento ai fornelli… Non va bene: così si stravolgono i valori nutritivi e organolettici, oltre a perdere quantità di prodotto fino al 45%. Anche in questo comparto bisogna delineare modelli replicabili, formule esatte. E’ quello che stiamo facendo».
8) I VANTAGGI DELLA REPLICABILITA’ NELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA «Primo, garantisce il maggior rispetto dei valori nutritivi. Poi, consente anche una migliore estetica: trattato in un certo modo, il pomodoro non ossida e risulta più appetitoso. E ancora: esalta il gusto della pietanza e abbatte le perdite per evaporazione. Tutto questo consente di limare il food cost: col risparmio ottenuto si possono comprare materie prime di maggiore qualità».
9) RISPETTO PER LA TRADIZIONE «Dire che dobbiamo rileggere la tradizione non significa mancarle di rispetto, anzi. Mi giungono centinaia di curriculum di ragazzi che vogliono lavorare al Reale. Alcuni sono molto interessanti, molti di questi tradiscono però un iter tutto all’insegna del fine dining contemporaneo. Io dico loro: ti prendo volentieri, ma tra cinque anni, prima vai a lavorare in una trattoria, perché devi conoscere perfettamente le basi della tradizione per poi poter operare su di esse. Mi spiace vedere sempre più spesso giovani cuochi che scimmiottano la lezione del Nord Europa: il patrimonio italiano è inestimabile, applichiamoci piuttosto a valorizzarlo».
Assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano tostato (2010) nella foto di Brambilla-Serrani
11) NIKO ROMITO FORMAZIONE «Dopo quattro anni di lavoro della Niko Romito Formazione, vedo che già i primi allievi stanno aprendo i loro ristoranti. Ne sono orgoglioso, sono felice di vedere una nuova generazione di giovani cuochi che seguono una linea di pensiero che ritengo utile».
12) NASCO PASTICCIERE «Io nasco pasticciere, con tutte le considerazioni del caso. Credo che questa mia attenzione per la standardizzazione derivi proprio da tale forma mentis».
13) ARMONIA CASTEL DI SANGRO «Non è un caso se sono a Castel di Sangro: qui tutto l’ambiente contribuisce a infondere armonia. Certe riflessioni sono possibili solo in un luogo magico, dai tempi dilatati. I miei piatti raccontano proprio tale storia di serenità». Il menu degustazione è come una sinfonia, un’opera unica; ha poco senso ordinare alla carta, è come isolare un solo brano senza poter così cogliere l’unitarietà del tutto (lo fa peraltro meno del 5% degli avventori). «Dico di più: l’esperienza complessiva parte dal primo amuse bouche (Soffice di pistacchio salato: indimenticabile, ndr) e termina la mattina seguente, dopo aver pernottato al Casadonna, con la colazione».
14) L’ANNO CHE VERRA’ «Sintetizzo: il 2017 sarà per me un anno in cui straordinari progetti diventeranno realtà».
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera