15-06-2016

Il nuovo Oldani, cambio di passo

Primo giorno al D'O new version: è una Ferrari che scalda i motori. Videointervista allo chef

Siamo stati, ieri, al D'O, primo giorno nella sua nuova sede. Abbiamo fatto qualche domanda a Davide Oldani, che ci ha risposto nella videointervista che potete cliccare qui sopra. E ne abbiamo tratto qualche considerazione...

Svolti appena l’angolo, eppure fai un grande balzo in avanti, come se in una dimensione spaziale definita e locale, legata pervicacemente a un territorio ristretto – San Pietro all’Olmo, frazione di Cornaredo. Che è vicino a Milano, ma proietta ben più lontano dalla metropoli di quanto dica il contachilometri – venissero improvvisamente sovvertite le dinamiche temporali. Davide Oldani ci ha abituato a ragionare per progetti, idee e loro realizzazione, sempre con uno sguardo che non è solo rivolto al futuro, ma sa leggerne con anticipo le tendenze.

E’ stato così con la cucina pop, marchio di fabbrica per definire quella bistronomia d’autore che dalla periferia meneghina è dilagata un po’ ovunque nel mondo, spesso senza alcun riconoscimento della primogenitura oldaniana. E’ stato così anche per la scelta di innestare il design in cucina e in tavola, con la creazione di strumenti da degustazione brandizzati. E così via.

Il nuovo passo dello chef è limitato quanto a spostamento effettivo – poche decine di metri dal vecchio indirizzo – ma enorme in termini professionali, spazza via la patina del tempo, è una contemporaneizzazione improvvisa e manifesta. Perché il D’O rivisto e corretto in piazza della Chiesa 14 non è solo molto più grande (cinque volte tanto), bello, accogliente ed elegante del precedente, ma rappresenta una sorta di “promessa di crescita” che è già in tavola ma si sostanzierà sempre più nei prossimi mesi, diciamo da settembre in poi, dopo la chiusura estiva.

Detto in altre parole: Oldani si sente pronto per il cambio di categoria. Non che non fosse già celebre, applaudito, affermato: i congressi lo invitano, i critici lo stimano, è uno dei grandi nomi della ristorazione italiana. E poi (poi?) la gente, che fa da anni la fila per trovare un tavolo al D’O. Ossia lo chef ha creato le basi economiche per ogni discorso successivo, quando spesso proprio tali solide fondamenta mancano, nell’alta cucina.

Battuta d'inizio, uno dei nuovi piatti dello chef: ci sta ancora lavorando ma è già splendido, promette di diventare un signature dish. Mousse di ricotta di capra racchiusa in una pallina di burro di cacao e zafferano in polvere con accanto un praticello di teff germogliato e del chutney di mela e pera

Battuta d'inizio, uno dei nuovi piatti dello chef: ci sta ancora lavorando ma è già splendido, promette di diventare un signature dish. Mousse di ricotta di capra racchiusa in una pallina di burro di cacao e zafferano in polvere con accanto un praticello di teff germogliato e del chutney di mela e pera

Ma in qualche modo il vecchio indirizzo un po’ retrò, la scelta – coerente con la politica dei prezzi – di non osare più di tanto, lo stesso atteggiamento dell’interessato, che non è certo un comunicatore immediato e prorompente, ne hanno sempre delimitato il campo d’azione. Negli ultimi tempi, c’era quasi la sensazione di un potenziale non del tutto espresso, o perlomeno che avrebbe potuto esprimersi anche meglio, in una situazione più adeguata.

Dama: una scacchiera di cioccolatini alla salsa di uvetta e alla mela caramellata

Dama: una scacchiera di cioccolatini alla salsa di uvetta e alla mela caramellata

Oldani è lombardo a tutto tondo, di quelli legati alla dimensione comunitaria, fedeli a valori antichi. C’è la parrocchia, davanti al nuovo D’O, e se si tratta di un caso, risulta una chiave di lettura comunque efficace; c’è la casa, modello di riferimento del fresco allestimento; c’è la famiglia, uno staff sedimentato che è un gruppo di lavoro innervato di fiducia reciproca. Si riscontra in lui l’etica del lavoro, quella voglia di fare che è weberianamente testimone non solo del Buono (di cucina poi trattiamo) ma in fondo anche del Bene. Il tutto declinato con il valore identitario che dice: la vita si costruisce mattone dopo mattone, con sudore e sacrificio. E con umiltà.

Lo chef umilmente si è costretto a lungo in una cucina inadeguata, stretta e asfittica. Faceva andare a mille una 500 vecchio stampo: carina, rassicurante ma limitata. Ora s’è conquistato la Ferrari: sappiamo già che la sa usare, quindi sfreccerà veloce, non vi è dubbio.


Carlo Mangio

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a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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