07-04-2021

Cos'è la vera cucina kaiseki e altre "nipporivelazioni gastronomiche", nel primo libro di Elisa Nata

Esce in libreria per Trenta Editore l'agile volume della nostra collaboratrice. Un viaggio in dieci tappe attraverso il Giappone più goloso

Elisa Nata

Elisa Nata

Nipporivelazioni gastronomiche - Dieci specialità per scoprire la vera anima del Sol Levante è il titolo del primo libro di Elisa Nata, da tempo collaboratrice di Identità Golose. E' un libro che nasce dalla curiosità e dalla voglia di conoscere: l’autrice di questo libro è infatti partita per il suo viaggio di nozze ed è tornata in Italia con il desiderio di raccontare un paese e i suoi molteplici aspetti culturali, estremamente diversi dai nostri, ma forse per questo molto affascinanti. 

Il libro è stata realizzato in collaborazione con AIRG (Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi): costituita nel 2003, l’associazione si impegna nella promozione della cucina giapponese in Italia attraverso eventi e degustazioni, proponendo curiosità più o meno note sul Giappone e riscoprendo ricette tipiche legate alle diverse realtà regionali.

Nipporivelazioni gastronomiche è una pubblicazione Trenta Editore (128 pagg., 12 euro), ed è in vendita in libreria e sui principali siti di vendita online.

Oggi pubblichiamo uno dei capitoli più interessanti di questo lavoro di Elisa Nata, dedicato alla cucina kaiseki.

La cucina kaiseki: bellezza, eleganza e armonia

Ricercata, raffinata, esteticamente ineccepibile. Se è vero che tutta la cucina giapponese è già, di per sé, molto curata, è anche vero che c’è uno stile culinario, in particolare, dove trova la sua veste più elegante e perfetta: la cucina kaiseki. Si tratta di una forma gastronomica che nasce come gesto tipico di ospitalità nei templi. A chi giungeva in visita, prima della cerimonia del tè (nella sua versione più lunga e completa) venivano offerti piccoli assaggi come segno di benvenuto.

Le pietanze erano preparate con grandissima cura e attenzione e venivano accompagnate dalla degustazione del sake. Anche il cibo, infatti, rappresentava un’espressione dell’omotenashi, ossia l’arte dell’accoglienza: offrire e consumare il pasto era un gesto sacro, volto a celebrare il forte legame tra uomo e natura. Ecco perché le pietanze che costituivano il pasto kaiseki dovevano essere stagionali, freschissime e belle da vedere, perché il cibo aveva anche una valenza spirituale. Queste caratteristiche della cucina kaiseki restano immutate negli anni, ma con il tempo è l’essenza di questo stile culinario a trasformarsi.

Quando la cerimonia del tè comincia ad acquisire un’importanza sempre maggiore alla corte imperiale, tanto da poter durare anche più di una settimana, la cucina kaiseki, che la accompagnava, da segno di ospitalità spirituale diventa strumento di ostentazione per intrattenere gli ospiti in un modo che nessuno era in grado di imitare. Con l’evoluzione sociale, che vede tramontare i cuochi a servizio di grandi potenti e casate nobili, gli chef approdano nei ristoranti e nelle strutture destinate all’ospitalità, diventando simbolo dell’alta cucina giapponese.

Kaiseki diventa sinonimo di cucina elegante ed estrema armonia con la natura (si chiama shun l’arte di utilizzare gli ingredienti al massimo della loro freschezza e bontà). Si trasforma così in una proposta gastronomica che si declina in tante piccole portate e che può somigliare, per certi versi ai menù degustazione dei ristoranti stellati occidentali. Oggi sperimentare questo stile di cucina significa vivere un’esperienza gastronomica molto particolare.

Come spiega bene Ikeda Osamu, chef del ristorante Osaka a Milano “quello kaiseki è un menù completo che include tante piccole portate, preparate con ingredienti molto freschi, di stagione, avendo particolare riguardo alla presentazione. Un pasto che prevede una sequenzialità ben precisa, con un’escalation di sapori e consistenze sempre più complesse. Si inizia dalle portate più leggere, per poi passare alle pietanze dal gusto più forte”.

Ogni piatto è un perfetto capolavoro in termini di abbinamento di sapori, consistenze e colori. Ogni aspetto è curato a fondo, nulla è lasciato al caso. “Dalla forma del piatto rispetto alla forma del cibo, dalla scelta dei volumi dei diversi elementi al posizionamento nel piatto, tutti gli elementi devono essere soppesati con attenzione per creare equilibrio visivo”.

Particolare cura è rivolta alla scelta di piatti, ciotole, ceramiche 48 e porcellane, che devono essere in sintonia con il cibo per creare armonia visiva nel pasto capace di infondere nelle persone calma e serenità. In realtà esiste un’arte specifica che abbina cibo e contenitore secondo regole precise di coerenza o contrasto; si chiama moritsuke e regola, in base a diversi complessi criteri, tra cui la stagionalità, le caratteristiche delle stoviglie (forme, epoca, materiali, decoro) e le mette in relazione con sequenza degli alimenti nel piatto.

Ne troviamo traccia anche nella cucina comune (specialmente riguardo alla stagionalità dei materiali delle stoviglie), ma nel kaiseki è una componente fondamentale. Lo scopo ultimo è mettere il cibo in armonia con le persone e le situazioni, in modo che l’esperienza del “nutrirsi” sia il più piacevole possibile e doni serenità anche attraverso armonia e bellezza a tutti i sensi. Estrema importanza rivestono le guarnizioni: foglie, fiori e altri elementi di stagione, anche commestibili, capaci di rendere più piacevole dal punto di vista estetico la “composizione gastronomica”, favorendo l’equilibrio profondo tra corpo, mente e spirito.

La cucina kaiseki è uno spettacolo straordinario tanto per gli occhi quanto per le papille gustative ed è un’esperienza culinaria unica, dove la tecnica si esprime in maniera impeccabile per favorire la serenità altrui attraverso il cibo. In particolare due aspetti della cucina kaiseki sono molto caratteristici: l’elaborazione del piatto e l’ordine delle portate.

Mentre la cucina giapponese in genere tende a valorizzare un ingrediente con il minor intervento possibile da parte dello chef, questo principio non vale per la cucina kaiseki. Il piatto viene molto elaborato; spesso, infatti, la presentazione è parte integrante della lavorazione, tanto da impiegare tecniche molto complesse che modificano anche il sapore di un alimento, in quanto agiscono sulla sua consistenza e lo pongono in rapporto con gli altri ingredienti per colore e texture.

Ikeda Osamu

Ikeda Osamu

È un’arte gastronomica che prevede un grande lavoro di elaborazione culturale e che richiede una tecnica precisa, capace di preservare equilibri delicatissimi. Basta pochissimo per rendere il piatto non degno di essere presentato. Come specifica bene Ikeda Osamu: “Imparare la cucina kaiseki richiede moltissima esperienza; un cuoco impiega circa 5-6 anni (si tratta di un cuoco che già sa cucinare). Il primo anno si imparano solo gli ingredienti, il secondo anno le composizioni, il terzo anno le fritture”.

L’altro aspetto caratteristico della cucina kaiseki è che i cibi devono essere portati in tavola nell’ordine in cui sono stati cucinati e che alla fine si deve concludere il pasto con riso e zuppa. “Viene servito un piatto per volta e non tutto insieme (come di solito in pranzi più usuali) per vivere l’esperienza diretta sul singolo piatto, per apprezzare davvero fino in fondo la bellezza e il gusto di quel preciso tipo di pietanza. Ogni piatto ha un suo significato e deve essere consumato in un modo ben preciso”.

Rispetto alla cucina kaiseki delle origini, quello che è cambiato è sicuramente la personalizzazione della sequenza da parte del cuoco. Il numero di portate è cresciuto in maniera significativa rispetto al passato. Anticamente quest’arte culinaria prevedeva una sequenza predeterminata di servizio, consumo e regole di comportamento ben precise. Venivano serviti dei piccoli antipastini (sakizuke), poi sashimi, riso, zuppa e altre pietanze che dovevano essere alternate in un certo modo con la degustazione del sake.

Dopo aver consumato il riso e la zuppa veniva servito il sake e solo dopo poteva essere consumato il sashimi, nonostante fosse già stato servito. Successivamente veniva servito di nuovo il sake, si proseguiva con pietanze stufate (polpette, gamberi o pesce) e si andava avanti con il percorso. La cucina kaiseki attualmente viene offerta in un numero limitato di locali in Giappone.

È un’esperienza in genere piuttosto costosa proposta quasi esclusivamente dai ristoranti di lusso. Alcuni dei suoi principi sono però passati anche alla cucina popolare e in locali tradizionali, come ad esempio nei ryokan, i piccoli alberghi giapponesi molto diffusi a Kyoto e nelle località termali e di campagna.


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a cura di

Elisa Nata

figlia dei mitici anni '80, una passione per la scrittura nata in ufficio stampa e una per l'enogastronomia che c'è sempre stata. Esploratrice instancabile di ristoranti, piatti, abbinamenti e sapori, scrive di cibo come giornalista free-lance per il suo sito multiautore ilpelonelluovo.it e per alcune testate online, tra le quali iodonna.it

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