24-07-2020
La copertina del libro e il suo autore, Salvo Foti
«L’Etna è per noi da sempre, gente della Sicilia Orientale, un riferimento. Non potrebbe essere altrimenti. È una presenza maestosa. Da piccolo non riuscivo a immaginare la mia terra senza la Montagna e, ingenuamente, chiedevo, con ovvia ilarità di chi mi ascoltava: ma come fanno gli altri senza “a Muntagna”?».
Salvo Foti, enologo siciliano, non si nasconde nel suo libro “Etna – I vini del vulcano”, che quest’anno è stato pubblicato nella sua terza edizione, corretta e aggiornata. Quello che potrebbe sembrare un libro nozionistico, quasi un manuale, una spiegazione storica e tecnica della produzione vitivinicola sull’Etna, in realtà nasconde pure una parte autobiografica e filosofica, ma anche un pensiero aperto a come dovrebbe essere la viticoltura moderna, al rispetto del territorio che passa sempre attraverso il suo strumento principale: l’uomo.
Poi il vulcano è esploso. Non una moda, ma una presa di coscienza del grande potenziale che i siciliani avevano a disposizione, puntando sugli autoctoni dell’Etna, Nerello Mascalese in primis, e valorizzando non solo i vari versanti più o meno vocati alla produzione vitivinicola, ma anche le singole contrade, l’unità delle vigne, molte delle quali con oltre un secolo di vita alle spalle e comunque con una età media molto elevata.
Il volume è ricchissimo di citazioni storiche, di documenti, di foto, così come di dati e analisi, che dimostrano quanto sia evoluta la produzione di vini sull’Etna, anche sulla base dei cambiamenti climatici in corso, testimoniati da analisi e studi. Capitoli sono dedicati agli antichi palmenti e alla Maestranza de I Vigneri, l’associazione dei viticoltori nata a Catania nel 1435.
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giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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