26-04-2012

L'Italia vista dai cinesi

Quale idea ha il paese del Dragone della nostra enogastronomia? Un'interessante tavola rotonda

Per definire bene ai cinesi i contorni delle nostr

Per definire bene ai cinesi i contorni delle nostre eccellenze agro-alimentari, occorre ragionare sul tema della promozione e del confronto. È il tema più rilevante emerso da KuChina, tavola rotonda organizzata da Taste Umbria all'interno del Festival del Giornalismo di Perugia, importante kermesse in corso da ieri fino a domenica 29 aprile

Il punto di vista è quasi sempre monodirezionale: il nostro puntato su di loro. Per una volta ci si è chiesti però cosa avviene nella carreggiata opposta: cosa pensano i Cinesi dell’enogastronomia italiana? È capitato ieri a Perugia, base del Festival del Giornalismo, kermesse che concentra in corso Vannucci e dintorni, fino a domenica prossima, un via vai di grandi cronisti e pensatori da tutto il mondo, dall’immaginifico graphic journalist Guy Delisle a Ezio Mauro, da Ettore Mo a Stefano Rodotà.

La tavola rotonda KuChina, moderata da Federico Fioravanti, annoverava tra i commensali Yang Xiaolei, cronista di China Central Television (la Cctv dei nostri satelliti); Lawrence Lo, critico di cucina di base a Shanghai - e celebre in patria per aver celebrato con dovizia la cronaca del matrimonio di William e Kate-; Hu Lanbo, editrice di adozione romana della rivista Cina in Italia; Sonia Montrella di Agi China 24 e Claudio Grillenzoni, giornalista corrispondente da 5 anni della Guida di Identità Golose con residenze variabili tra Hong Kong e Shanghai.

A Perugia, giornalisti esperti di eno-gastronomia cinesi e italiani

A Perugia, giornalisti esperti di eno-gastronomia cinesi e italiani

Salta fuori innanzitutto che noi italiani, come succede con gli arbitri di calcio o le automobili, siamo buoni a cantarcela e suonarcela soprattutto inter nos: «siamo i più bravi nel mondo». A interpellare però gli stranieri sulla bontà dei nostri vini, i primati svaniscono come il Dragone nella nebbia: in Cina nessuno conosce nebbiolo o sangiovese. Anzi, pochissimi sanno che in Italia si produce il vino, è emerso dai convenuti. Quale immagine balza allora alla mente di shangainesi e pechinesi se interrogati sull’Italia? Rispondono di getto "il calcio", poi "la moda" e infine i gossip legati al nostro penultimo primo ministro, perché i figli di Mao Tse Dung trovano bizzarro che siano trapelati pubblicamente così tanti dettagli sulla vita di un premier.

E comunque. Cibo e vino non sono purtroppo nella top 3 del loro immaginario. «E quando si affronta l’argomento, un cinese medio», avverte il giovane critico Lo nel suo inglese perfetto, «pensa per luoghi comuni proprio come accade a ruoli invertiti: se voi ci immaginate attaccati alle ciotole di riso e a sorseggiare tutto il tempo del tè, noi vi associamo soprattutto ad addentare pizza e a versare dell’olio d’oliva». Sì, l’extravergine, che dallo Yunnan al Guangzhou non sanno bene come e su quali alimenti andrebbe applicato, affascina e potrebbe essere il prossimo big deal. A patto però di fare comunicazione, è emerso, perché non è che i nostri prodotti migliori siano solari e auto-esplicativi nella loro bontà, specie in un paese così distante culturalmente. O in cui le grandi aziende di distribuzione food & beverage battono storicamente bandiera francese, i più lesti a scatenare la propaganda golosa decenni fa.

Il terreno, però, è di sicuro fertile: «C’è grande curiosità verso i vini italiani frizzanti come il Prosecco», svela ancora Lo, «E i casi di successo italiani non mancano. Francesca, una ragazza milanese, è venuta a Shanghai, ha aperto una gelateria tra mille difficoltà, ma adesso i punti vendita sono già 3. E in estate sono gremiti. Come quel negozio di mozzarella, gestito da un’appassionata ragazza coreana che si fa arrivare il latte dalla Germania…». Forse il made in italy lo dovremmo promuovere noi; il punto è che, per raccontare, occorre prima di tutto prestare cura all’audience cui ci si rivolge, un’impresa ardua se si pensa che le testate italiane contano sì e no su 5 inviati in tutto, impegnati a raccontare un Paese di un miliardo e 300 milioni di abitanti.

Yang Xiaolei, cronista di Cctv esperta di tematiche legate al cibo e al vino, intervistata da una collega italiana

Yang Xiaolei, cronista di Cctv esperta di tematiche legate al cibo e al vino, intervistata da una collega italiana

Insomma, la Cina è vicina ma solo se si ha la volontà di avvicinarla sul serio «e non solo quando ci fa comodo», aggiunge giustamente Montrella. «Illustrare le nostre cose buone alla genia cinese», aggiunge Grillenzoni, «potrebbe poi rivelarsi un compito più semplice di quel che si crede perché l’umiltà e la disponibilità all’apprendimento sono insegnamenti che i cinesi conoscono fin dalle origini del Confucianesimo». Un confronto fondamentale potrebbe per esempio avvenire tra codici di cucina distanti ma non poi così tanto: i dumpling ricordano i ravioli, i dim sum non differiscono poi da tapas o cichetti veneziani e l'huo guo ha un che della raclette. Raffronti fondamentali prima di ogni stima di mercato golosa quanto quella, per esempio, illustrata bene dal dossier di Bruno Petronilli, ora in edicola nel bimestrale Spirito Di Vino, per cui i consumatori di vino in Cina, oggi 10 milioni, nel 2030 saranno ben 240 milioni.

Per vendere occorre prima dare. E questo lo possiamo fare già a partire dall’accoglienza dei turisti cinesi nelle nostre lande, i teatri più efficaci per illustrare germogli e lavorazioni delle nostre bontà: «Le richieste di visto per l’Italia», ha concluso Montrella, «stanno aumentando esponenzialmente. Peccato però che i turisti cinesi non possono usare la loro carta credito perché non è accettata quasi da nessuno. O che i nostri hotel siano quasi sempre privi d'acqua calda per fare il tè». Occorre cominciare da qui.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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