02-11-2014

Se lo Champagne è bio

Negli anni '70 i vignaioli precursori del biologico sembravano eretici. Oggi sono sempre di più

Si è svolta nei giorni scorsi a Roma la manifesta

Si è svolta nei giorni scorsi a Roma la manifestazione chiamata Le Champagne Bio, dedicata alla declinazione biologica e biodinamica del grande vino francese. L'associazione che raccoglie i vignaioli dello Champagne Bio conta oggi 22 iscritti, ma anche una grande casa come la Rœderer ha recentemente iniziato la conversione di alcuni vigneti (foto Andrea Federici)

I luoghi comuni sono duri a morire, anche in ambito eno-gastronomico. Parlando di produttori di Champagne, ad esempio, ti immagini rampolli di maison prestigiose nei loro castelli, severi chef de cave o magari avventurosi commercianti come Charles Heidsieck nel film TV Champagne Charlie. Poi incontri un omone gioviale come Vincent Laval, assaggi il suo Champagne guardandone gli occhi schietti e le mani grosse e capisci che anche questo vino appartenente al mito nasce – come tutti gli altri – dalla terra.

Vincent racconta che a Cumières, il villaggio della Marna dove dal 1964 la famiglia coltiva uva, lavorano in 5 nei 2,5 ettari di vigneto e in cantina mantenendo vigne vecchie e nuove con “piacere, rispetto, attenzione”. E proprio il rispetto, e l'espressione nitida del territorio, sono il fil rouge che unisce le aziende volate nella Capitale per la manifestazione Les Champagnes Bio a Roma, organizzata il 26 Ottobre dal team di 99 Champagne (la guida alle migliori maison di Champagne, Edizioni Estemporanee) con l'Association des Champagnes Biologiques.

Georges Laval è stato uno dei pionieri dello Champagne bio. Oggi è il figlio Vincent a proseguire su questa strada (foto Andrea Federici)

Georges Laval è stato uno dei pionieri dello Champagne bio. Oggi è il figlio Vincent a proseguire su questa strada (foto Andrea Federici)

Creata nel 1998 dai vignaioli precursori del biologico in Champagne - tra cui Georges Laval, padre di Vincent, e Jacques Beaufort – l'ACB oggi conta 22 soci certificati, tra piccolissime maison e grandi nomi, e molti “simpatizzanti” in conversione. Considerati negli anni '70 degli eretici che osavano stravolgere la tradizione dello Champagne, questi produttori hanno poi convinto molti altri che si possa fare biologico con ottimi risultati.

Quello dello Champagne bio è un mondo in crescita, tanto dal punto di vista della produzione che dell'attenzione del mercato – anche in Italia, fermo restando che parliamo di una nicchia, viste anche le quantità ridotte - ma per molti produttori si tratta di una scelta etica e non d'interesse. Così come molti degustatori di 99 Champagnes non nascondono una certa predilezione per questa tipologia di bollicine, e per chi le realizza.

Abbiamo chiesto ad Alfonso Isinelli, storico con la passione per il vino e lo Champagne e curatore della guida, di raccontarci quali siano le caratteristiche più affascinanti e cosa differenzi uno Champagne biologico da uno tradizionale.

Foto di gruppo per i vignaioli che si sono ritrovati il 26 ottobre scorso a Roma (foto Andrea Federici)

Foto di gruppo per i vignaioli che si sono ritrovati il 26 ottobre scorso a Roma (foto Andrea Federici)

«A parte il grande impegno che richiede lavorare in biologico, con una selezione maniacale delle uve, un costante lavoro in vigna e anche in cantina pur senza “aggiungere” nulla, talvolta nemmeno un grammo di solforosa, c'è da mettere in conto anche il rischio, decisamente maggiore per chi ha spesso vigneti piccoli e non li “protegge” come avviene nella viticoltura tradizionale – spiega Alfonso –. Anche il basso livello di solforosa, che contrasta ossidazioni o altri problemi di stabilizzazione, nello Champagne ancor più che nel vino fermo mette a rischio quel che c'è in bottiglia. Ma questi produttori non si sono arresi, e hanno raggiunto risultati eccellenti: gli Champagne bio puntano sul rispetto della territorialità – che si parli di Marna, zona classica dello Champagne, o di Aube – e sulle caratteristiche varietali dei tre vitigni: chardonnay, pinot noir e pinot meunier. Questo non vuol dire che siano di per sé migliori degli Champagne tradizionali, tra cui ci sono naturalmente grandissimi vini, ma sicuramente hanno spesso una maggiore definizione delle note tipiche del singolo vitigno e del terroir o cru. Inoltre, anche grazie al minor uso di solforosa, sono molto più “bevibili”: dopo anni di degustazioni, posso dire che assaggiarli è in genere meno faticoso rispetto agli Champagne classici!»

Insomma la scelta del bio – biologico o biodinamico che sia – si rivela vincente, e adesso sta iniziando a convincere anche le grandi maison come la Rœderer, che ha iniziato la conversione di alcuni vigneti: in particolare il Cristal sarà prodotto interamente con uve coltivate in regime biodinamico.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Luciana Squadrilli

giornalista, napoletana di nascita e romana d'adozione, cerca di unire le sue tre passioni: mangiare, viaggiare e scrivere

Consulta tutti gli articoli dell'autore