13-11-2013

Quelli delle Soste di Ulisse

I 10 anni dell'associazione che riunisce le eccellenze siciliane. In cucina e non solo

Una (piccola) parte della squadra di cucina che do

Una (piccola) parte della squadra di cucina che domenica scorsa ha cucinato al San Domenico Palace di Taormina (Messina), per celebrare il decimo anniversario de Le Soste di Ulisse, l'associazione che riunisce le eccellenze (ristoranti, hotel e cantine) di Sicilia. Seduto sul tavolo, sulla destra, si riconosce il padrone di casa, chef Massimo Mantarro del Principe Cerami, le più discrete 2 stelle Michelin d'Italia

È il novembre del 2003 quando Nino Graziano, la prima (e poi seconda) stella Michelin di tutta la Sicilia, vince l’indole riservata e fonda le Soste di Ulisse, un tetto sotto cui far dialogare i migliori cuochi dell’isola. Meno di due anni dopo, traslocherà il suo Mulinazzo dal Palermitano a Mosca - dove oggi tira le fila di ben 22 insegne di cucina italiana -, cedendo la presidenza dell'associazione a Enrico Briguglio, patron di Casa Grugno a Taormina.

MUSICA, MAESTRO. Ciccio Sultano, Duomo di Ragusa, cuore pulsante dell'associazione

MUSICA, MAESTRO. Ciccio Sultano, Duomo di Ragusa, cuore pulsante dell'associazione

In questo decennio le Soste hanno aperto all’hotellerie (oggi sono 20 alberghi), alle cantine (15, da Planeta a Donnafugata) e settuplicato le stelle delle sue 31 insegne complessive: da qualche giorno sono in tutto 14, divise tra 10 ristoranti, quasi tutti sul versante orientale dell’isola (dall’ecatombe d’occidente si salva solo il Bye Bye Blues di Palermo). Quale occasione migliore per alzare i calici?

I tintinnii delle flûte hanno rotto per tutto il weekend il silenzio fuoristagione del San Domenico Palace di Taormina, noto per essere la tana del cuoco 2-stelle meno reclamizzato d’Italia, Massimo Mantarro del Principe Cerami, ottimo regista di una cena che ha visto spadellare in pochi metri quadri una settantina di ragazzi di 13 insegne, disegnate da tutti i mammasantassima dell’isola: Ciccio Sultano, Pino Cuttaia, Vincenzo Candiano, Natale Briguglio, Toni Lo Coco, David Tamburini, Angelo Treno (suo il piatto più riuscito, un Panino con battuta di manzo, scaloppa di foie gras, pomodori secchi e guanciale che al solo scriverlo si riattiva all'istante la salivazione), Claudio Ruta, Christian Busca, Pietro D’Agostino, Giovanni Guarneri e i ragazzi dell’Antica Filanda. Mancava solo Corrado Assenza, un’assenza morettianamente rumorosa.

LEGENDS. Massimiliano Alajmo of Le Calandre (Padua) and Nino Graziano, Sicilian with 22 restaurants opened in Moscow

LEGENDS. Massimiliano Alajmo of Le Calandre (Padua) and Nino Graziano, Sicilian with 22 restaurants opened in Moscow

Con loro, pasteggiavano felici in sala lo stesso Graziano («ogni mese faccio 20 giorni a Mosca e 10 in Sicilia»), due illustri ambasciatori extra-siciliani come Massimiliano Alajmo («sono sudista dentro: ho sposato una calabrese») e Gennaro Esposito («15 anni fa la Sicilia aveva i problemi della Campania di oggi, e li ha superati benissimo») e i cuochi irpini di Mesali, un gemellaggio per ricomporre il Regno delle Sicilie sotto il segno del buono.

Far marciare l’eccellenza non è naturalmente compito da poco in Sicilia, si diceva il giorno dopo, quello delle riflessioni post-party: se è vero che «In Sicilia non manca nulla, anzi forse c’è troppo» (© Fausto Arrighi, direttore uscente Michelin Italia) o che «la regione vanta prodotti di terra e di mare, come nessuna» (Enzo Vizzari, direttore guide L'Espresso), è anche vero, ricordava Ciccio Sultano, «Che, nel 2010, se in Catalogna un investimento di 40 milioni di euro ha fruttato 69 milioni di stanze d’hotel, da noi la regione ne ha spesi 100 milioni per averne 15 milioni di notti. Senza contare i quei politici che fanno shopping coi nostri soldi all’estero». Specchio fedele del paese?

AMBASCIATORE. Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli)

AMBASCIATORE. Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli)

È poi vero che occorrerebbe cancellare da tutti i vocabolari il concetto e l’espressione «tassa di soggiorno», si conveniva. Che «bisognerebbe riscrivere da capo le logiche delle scuole alberghiere, un patrimonio mai sfruttato» (Pino Cuttaia), che «faremmo meglio a concentrarci sulle infrastrutture» (mantra comune). Se a piazza del Parlamento ragionassero con la testa degli Ulisse, forse i condizionali diventerebbero imperativi.


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

Consulta tutti gli articoli dell'autore