22-07-2015

Il favoloso mondo di Annie

Intervista tra passato e futuro a madame Féolde, una vita spesa al timone dell'Enoteca Pinchiorri

Annie Féolde in visita al padiglione di Identità

Annie Féolde in visita al padiglione di Identità Expo. Chef nizzarda dell'Enoteca Pinchiorri di Firenze, 3 stelle Michelin nel 1993 e poi ancora dal 2004 a oggi, firma con Italo Bassi e Riccardo Monco il menu del nostro temporary restaurant Identità Expo S.Pellegrino da mercoledì 22 a domenica 26 luglio (prenotazioni expo@magentabureau.it e +39.02.62012701)

A Identità Expo stanno passando i grandi protagonisti della cucina italiana, di oggi e di domani. Un onore per noi che abbiamo già avuto la fortuna di conversare con Gualtiero Marchesi ed Ezio Santin assieme. Ieri ci siamo intrattenuti con Annie Féolde dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze, qui per presentare il menu preparato per Identità Expo S:Pellegrino. Francese di Nizza, è la prima donna ad aver ottenuto tre stelle Michelin non solo in Italia (edizione 1993) ma in tutto l'universo extra-francese. E questa è la trascrizione di una chiacchierata pomeridiana seduti al nostro ristorante.

Quando arrivò in Italia per la prima volta, immaginava che sarebbe rimasta per tutti questi anni?
In effetti no. Era il maggio del 1969, dopo un’esperienza a Londra volevo imparare un’altra lingua. Arrivai a Firenze per fare la babysitter in una famiglia che però aveva già detto sì a un’altra ragazza. In fondo fui felice di non lavorare lì perché abitavano in un posto troppo isolato, fuori città – un cucuzzolo come si dice da noi. Cercai lavoro come commessa. Ma gli stipendi offerti non erano sufficienti. Trovai impiego in un ristorante che si chiamava Red Bull. Oggi è Il Giglio Rosso.

Un ingresso nel mondo della ristorazione frutto del caso.
Sì, non volevo proprio fare questo mestiere. I miei nonni erano albergatori. Mia mamma lavorava al Negresco e mio padre al Casino Municipale di Nizza. Conoscevo bene i sacrifici di una simile esistenza: non mi andava di lavorare ogni giorno fino a tardi, inclusi i fine settimana e il giorno di Natale. Non mi piaceva l’idea di dover correre e dire sempre sì.

Come ha cambiato idea?
Nel tempo ha prevalso la mia passione e inclinazione a fare contente le persone. Mi affascinava l’idea di cambiare ogni volta attitudine, a seconda dei gusti della clientela. Al Red Bull resistetti pochissimo, anche per un problema di salute. Poco dopo incontrai Giorgio Pinchiorri, che lavorava nelle vicinanze. Nel 1972 entrò nell’allora Enoteca Nazionale come direttore e sommelier, con appena due persone ad aiutarlo. Era un locale di soli vini italiani, con cantina sotto e tavoli sopra. Ci facevamo notare per dei bei buffet. Fino a che Giorgio non comprò l’Enoteca nel 1979.

Con lei accanto.
Intuii da subito grandi possibilità di crescita. Giorgio era un visionario, molto più di me. Mai avrei pensato alla guida Michelin. Invece la Rossa ci menzionò già nel 1981. Lui se l’aspettava. Andò in edicola quando uscì, la sfogliò e fece salti alti così. L’anno dopo arrivò la prima stella. E l’anno dopo ancora, 1983, addirittura la seconda.

Annie Féolde e il modenese Giorgio Pinchiorri in una foto d'antan. Si conoscono dal 1969

Annie Féolde e il modenese Giorgio Pinchiorri in una foto d'antan. Si conoscono dal 1969

La terza arrivò solo un decennio dopo. Nella brigata c’era anche Carlo Cracco, che ricordi ha?
Era uno molto bravo, serio e creativo. Anche molto duro con gli altri cuochi, forse perché entrò in brigata appena dopo aver fatto il servizio militare. Non speravamo più nella terza stella. Anche per questo aprimmo l’Enoteca a Tokyo, nel marzo del 1992. Mi trovavo lì nel novembre dello stesso anno, quando arrivò l’annuncio. Faticavamo a crederci. Il 16 novembre, pochi giorni dopo, un terribile incendio devastò la cantina di Firenze

Cosa ricorda di quel giorno?
Sgomento e paura. L’intera zona sobbolliva. Le fiamme avevano avvolto in poco tempo una vasta area. Si sentivano esplosioni provenire dal reparto Armagnac e Bas-Armagnac. Il fuoco arrivò a un passo dalla caldaia del palazzo: fu solo un caso se non saltò in aria tutto. Giorgio era fuori di sé. Cercai di fermarlo sulla porta della cantina, tra il fumo e il buio totale. Ma lui non sentiva ragioni. Tornò con lo sguardo stravolto e una bottiglia di Chateau d'Yquem del 1820 in mano. Ci sono dei cuochi che hanno trascurato un'esistenza per darsi totalmente alla cucina, Giorgio lo ha fatto coi vini.

Eravate assicurati?
Sì ma l’assicurazione doveva fare i controlli del caso. Stimare i danni delle bottiglie esplose ma anche quelli arrecati ai vini diventati imbevibili per colpa del calore. Venticinquemila bottiglie distrutte o inservibili e due interminabili anni passati a fare confronti tra i nostri sommelier e quelli ingaggiati dalla compagnia di assicurazione. Non avevano mai affrontato un caso simile. Eravamo disperati perché tutto questo toglieva concentrazione al lavoro. E in più c'era una grande cantina da ricostruire.

Che fine hanno fatto le bottiglie imbevibili?
Le abbiamo regalate alla chiesa vicina. Il frate le aveva vendute all’asta, facendo un discreto gruzzolo. Non erano cattive ma di sicuro non potevano sostenere il nostro livello. Ancora oggi, una parte importante del lavoro in cantina è quella di assaggiare i vini per capire se sono all’altezza. Lo facciamo tutti i giorni – non io, che non bevo più vino.

La terza stella fu tolta poco dopo e, caso unico in Italia, riottenuta nel 2004, con Italo Bassi e Riccardo Monco in cucina. Come vi dividete esattamente i ruoli?
Io sono executive chef, Italo e Riccardo ‘primi chef’. Io cerco in primis di dare un tocco romantico e invogliante al menu, al modo in cui sono scritti i singoli piatti. Poi assaggio ogni singola pietanza che loro propongono. Italo e Riccardo sono perfetti perché complementari. E quando mostrano una comprensibile voglia di modernità, io ricordo sempre loro che le radici devo essere profonde. Occorre creatività e insieme rispetto verso quello che ci circonda.

I Pici con le briciole, piatto simbolo del corso attuale dell'Enoteca Pinchiorri. Anno di concezione: 2010

I Pici con le briciole, piatto simbolo del corso attuale dell'Enoteca Pinchiorri. Anno di concezione: 2010

Può fare l'esempio di un piatto?
I Pici con le briciole, che abbiamo in carta dal 2010. Rievoca l'abitudine del contadino a recuperare anche le briciole di pane che rimanevano sul tavolo. Una pasta povera, di sole farina e acqua, senza uova. Pochi mesi fa Riccardo ha pensato di utilizzare la pasta del pane. Si sentiva il lievito al gusto, la trovavo un’idea favolosa. Voleva anche aggiungere un fondo di stracciatella da burrata. Al che gli ho fatto notare che il lievito un poco si perdeva. Gli ho proposto di mettere un crostino accanto, fatto con lo stesso pane, e di poggiarci la stracciatella sopra. È così per me che possono convivere benissimo la grande ricerca e i riferimenti alla tradizione. Per me è un piatto molto riuscito. Ha grande successo.

Un piatto in linea col tema di Expo. Che idea si è fatta dell’Esposizione finora?
Sono stupita dalla sua immensità. Mi sembra un’organizzazione molto efficiente, che contraddice quelli che pensano che gli italiani non siano bravi a far nulla. Non avevo mai visto un’Expo prima d’ora. Speriamo lasci un’eredità grande, come la Tour Eiffel dopo l’Expo parigina del 1889.

Si dice che i francesi siano più bravi a fare squadra degli italiani. Lei che ne pensa?
Verissimo. Il problema dell’Italia è l’individualismo negativo. Pubblicamente, i francesi danno invece sempre idea di compattezza. Al di là delle Alpi c’è più professionalità e cultura enogastronomica. In genere, ho l’impressione che i prezzi siano più alti in Italia che in Francia, negli hotel e nei ristoranti. Gli italiani non fanno poi troppi sforzi per mangiare bene e questa è la cosa che mi irrita di più. Perché mangiare bene è necessarissimo (dice proprio così, ndr).

Cosa intende?
Gli italiani preferiscono spendere soldi per vestirsi meglio. Spesse volte pensano all’apparenza più che alla salute. Ma è meglio investire dei soldi in un grande menu degustazione che in un paio di jeans bucati. La salute è importante, e questa è una cosa che oggi tutti sappiamo bene.

Cosa pensa dei vegani?
Sono bravi. Io non potrei mai esserlo.

PRIMI CHEF. Italo Bassi e Riccardo Monco. In pasticceria c'è Luca Lacalamita

PRIMI CHEF. Italo Bassi e Riccardo Monco. In pasticceria c'è Luca Lacalamita

I francesi l’hanno mai rimproverata di aver scelto la cucina italiana?
Mai pubblicamente. Poi alle spalle non so. Non ho mai voluto prendere spunto dalla cucina francese. Siamo in Toscana e la nostra cucina dev’essere italiana. Una volta, a Sydney, mi hanno chiesto quale fosse il mio piatto preferito. Ho risposto: gli Spaghetti aglio olio e peperoncino. Tutti in piedi ad applaudire. È una soluzione di una semplicità sorprendente, un mistero della natura.

Semplicità è anche la tendenza cui vanno incontro le sale dei ristoranti di lusso, più sobrie di un tempo. Che ne pensa?
Non sopporto i ristoranti che appaiono vecchi. Ma penso anche che è sempre bello mangiare in luoghi curati, che non esagerino con le sottrazioni. Il piacere dell’occhio è sempre fondamentale. Soprattutto se si posa su splendidi dettagli artigianali come i bicchieri con stelo o le lampade che vedo a tavola qui a Identità Expo. Essere sciatti è una scelta che non dipende necessariamente dalla crisi. Esattamente come quella di indossare un paio di jeans bucati.

Cosa vede davanti a sé?
Mi servirebbe una seconda vita per fare quello che vorrei fare. Mi piacerebbe migliorare, anche nella semplicità. L’alta cucina non è più alla moda. Bisogna capire i desideri delle persone. C’è uno sviluppo incredibilmente veloce, cui occorre adeguarsi con molta attenzione e buona volontà. Bisogna allargare la mente, comprendere tradizioni di cucina che non sono le nostre. E pensare che, se ci sorprendono, non vuol dire necessariamente che hanno torto.

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Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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