07-01-2015

Da Savona alla corte di Eneko

Matteo Manzini si racconta: è sous all'Azurmendi. Con chef Eneko Atxa sarà anche a Identità Milano

Il savonese Matteo Manzini all'opera all'Azurmendi

Il savonese Matteo Manzini all'opera all'Azurmendi: qui, mentre accompagna gli ospiti lungo il percorso iniziale tra gli orti del ristorante (foto Zanatta)

La mia esperienza all’Azurmendi inizia nel gennaio del 2013. L’iter è stato quello solito, tutto è iniziato con il classico stage di due mesi, l’obiettivo era di toccare finalmente con mano la realtà dei Paesi Baschi. Era la mia prima volta in Spagna, noi italiani ne siamo affascinati; poi questa è una zona (qui si sentono nazione) assai particolare, i Paesi Baschi sono un po’ il centro nevralgico della gastronomia, basta pensare ad alcuni nomi e la fantasia vola alta: Martin Berasategui, Juan Mari Arzak, Hilario Arbelaitz, Pedro Subijana, Josean AlijaEneko Atxa naturalmente! E mille altre “celebrità” che ruotano intorno a una realtà incredibile. La cosa strabiliante è notare come siano tutti legati l'uno all’altro da un unico grande filo conduttore, la cultura basca, che li spinge a fare sistema, a muoversi compatti. Euskal Herria sopra ogni cosa, insomma: sono uniti dall’idea di preservare sapori, tradizioni, ricordi… Eppure a fianco di questo esprimono anche un’incredibile voglia di non fermarsi al passato, di non fossilizzarsi, di proiettare quindi nel futuro il patrimonio cui tengono tanto; insomma di innovare, di strabiliare il mondo, di mostrarsi un passo avanti, sempre. Di essere freschi, moderni.

Non è un caso se, appena arrivato, di sicuro la prima cosa che mi ha colpito enormemente è stata l’età media delle persone che lavorano all’Azur (come lo chiamiamo solitamente), e non intendo unicamente in cucina ma in tutti i reparti, dalla bottega, all’azienda vinicola, all’ufficio marketing, alla sala, fino ai ragazzi che si occupano dei giardini, delle vigne e dell'orto. Insomma: vivendo qui ci si rende conto di quanto vogliano davvero investire sul futuro, non solo a parole ma nei fatti.

Manzini (primo da destra) insieme a - sempre da destra - Eneko Atxa, Quique Dacosta e l'altro sous chef dell'Azurmendi, Ander Lasheras

Manzini (primo da destra) insieme a - sempre da destra - Eneko Atxa, Quique Dacosta e l'altro sous chef dell'Azurmendi, Ander Lasheras

Ricordo i miei primi giorni a Larrabetzu, il villaggio dove si trova l’Azur. Sono giunto qui con la voglia di fare bene, con la fame e la volontà di mettermi in gioco. Nessuno mi conosceva, nessuno sapeva nulla del mio arrivo. Ma non servono conoscenze o raccomandazioni, sono disposti a metterti alla prova, senza tanti giri di parole e senza inutili promesse. Arrivi in questa struttura immensa e intravedi la cucina… Da non crederci! Una specie di Ferrari: immensa, affascinante. Mi sono messo al lavoro. Loro mi hanno dato la possibilità di farmi valere, di sentire il rombo di questa Testarossa, di percepirmi come parte di una macchina quasi perfetta.

Sono passati due anni e sono ancora qui. Poco più di un anno fa, dopo i due mesi di stage, poi cinque come capo partita e innumerevoli servizi da urlo (per me sono stati come finali di Champions League) le chiavi della Ferrari me le hanno date per  davvero! La domanda è stata sempre la stessa, come era accaduto fin dall'inizio: «Vuoi provare?». Però questa volta mi offrivano di diventare sous chef di Eneko… Io non mi sono mai tirato indietro, non l’ho fatto nemmeno quella volta.

La brigata dell'Azur. Manzini è quello più alto, a destra

La brigata dell'Azur. Manzini è quello più alto, a destra

Oggi, se ripenso a quando arrivai da Savona con i miei coltelli e il mio bagaglio, mi rendo conto dei passi fatti e la cosa che più mi stimola è il fatto che l’Azur sta crescendo insieme a me e a tutti coloro che lo compongono. Eneko è uno chef che ti coinvolge e ti rende parte integrante del suo sogno. E’ un uomo mai domo, mi piace definirlo una sorta di motore di ricerca umano. Al suo fianco si percepisce la forza di questo Paese. Se dovessi descrivere in una parola quello che sta succedendo all’Azurmendi in questi anni, sicuramente sceglierei “rivoluzione”. Una rivoluzione certo gestita, controllata dalla genialità di Eneko, che in sette anni ha costruito tutto ciò che è questo ristorante adesso. Siamo un’identità in continua mutazione, ogni mese trascorso ha l’intensità di un anno, siamo impegnati ogni giorno a declinare tre obiettivi: la ricerca, che è alla base di tutto; la tradizione, che è un nostro punto forte; infine l’ambiente, un altro fiore all’occhiello. Questo molto probabilmente è l’Azurmendi oggi.

La strada che ci rimane da percorrere è certo lunghissima, ma il sogno sta diventando realtà; una realtà che non appartiene a un singolo, ma bensì a tutti noi. Noi, la famiglia Azurmendi.


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Matteo Manzini

Savonese, classe 1984, è sous chef del ristorante Azurmendi di Larrabetzu, nei Paesi Baschi, 3 stelle Michelin

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