16-11-2014

La sfida di Restaurant Australia

L'immenso paese australe vuole diventare una potenza della tavola mondiale. Il via in Tasmania

Due anni fa, il governo di una nazione del cosiddetto Occidente si preoccupò di sapere come fosse percepita la sua cucina dagli stranieri. La risposta fu allarmante perché trattasi di un grande produttore agroalimentare. Chi non vi aveva mai messo piede, la ignorava e non sapeva quindi giudicarla. Al contrario piaceva molto a coloro che, arrivati sul posto, era giocoforza la scoprissero perché qualcosa dobbiamo pur mettere nel nostro motore.

Una storia a lieto fine quindi, invece no perché questo Paese in pratica confina con se stesso, con i mari e gli oceani che lo circondano in pieno emisfero meridionale. Bisogna proprio volerci andare in Australia. Non ti alzi un sabato mattina a Milano e decidi di prendere l’auto o un treno per trascorrere un fine-settimana in Costa Azzurra o nei Grigioni. Questa sterminata distesa di terra rossa, grande 25 volte l’Italia e quasi il doppio dell’Unione Europea, è (dis)abitata da appena 21 milioni e mezzo di anime che si sono poste, attraverso i loro rappresentanti, il problema di farsi conoscere anche per l’eccellenza della cucina.

Detta così sembra scontato, ma io non mi immagino un governo di casa nostra prendere una decisione netta e chiara almeno su una materia che non va a impattare con sensibilità legate alle sfere religiose o sessuali. Spero nell’attuale sull’onda ad esempio dell’Expo, ma in passato avremmo di sicuro stanziato a casaccio dei fondi (do you remember il portale Italia.it?) e qualcuno si sarebbe servito. In fondo alla Regione Emilia o alla Provincia di Bolzano, dei consiglieri non hanno chiesto il rimborso di giocattoli erotici? Invece a Canberra, un anno e mezzo fa decisero che avrebbero apparecchiato per 80 personaggi di 16 Paesi del mondo intero, i cosiddetti influencers. Che non sono gli influenzati, bensì gli influenzatori. Tra loro, pure il sottoscritto assieme con altri quattro italiani: Davide Scabin, Lorenzo Cogo, Gabriele Rubini, più noto come Chef Rubio, e Bruno Gambacorta. Ovvero uno star-chef, una baby-star, uno chef-tv e un giornalista, sempre della televisione. Italiano anche Andrea Petrini, ma in quota francese.

Parola d’ordine degli organizzatori di Tourism Australia: tuittate a più non posso, e poi scrivete, raccontate senza tregua. Che si sappia lontano da Sydney e Melbourne, da Uluru e Perth che la cucina australiana è ottima tanto quanto il Paese-continente è spettacolare per le sue bellezze e la sua stregante vastità. Obiettivo? Dare un motivo in più, incrementare gli arrivi grazie a Restaurant Australia, partendo dall’evento-show di venerdì 14 novembre, 48 ore fa, dal suo battesimo a tavola.

Invite the World to dinner, invitare il mondo a cena, ha avuto luogo a Hobart, capitale della Tasmania, isola a sud della madre patria, nocciola che sulle cartine sembra piccola ma che è pur sempre grande come Piemonte, Lombardia e Veneto messi assieme, 68mila chilometri quadrati di natura sui quali vigilano tutti i 500mila suoi abitanti.

Scelta mediaticamente perfetta quella della Tasmania e anche un minimo paradossale perché gli stessi Aussi l’hanno sempre definita the best hidden secret of Australia, il loro segreto più segreto e proprio per questo da svelare con attenzione. Non solo: scegliendo Hobart, non ti sbilanci nell’eterno confronto tra Melbourne e Sydney, con i cittadini della prima che soffrono la meraviglia della seconda. Rosicare è il destino di ogni second city. Meglio sarebbe dedicare quelle energie a fare ancora meglio quanto uno sa fare già bene, ma non siamo nel campo della logica. Se uno fosse sempre lucido, non farebbe come quel collega che mi ha retoricamente chiesto “cosa avrà mai di più Sydney, a parte la baia e l’Opera House?”. Appunto, hai detto pizza e fichi.

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Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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