20-10-2018

Riscrivere la nuova cucina albanese

Il collettivo di Rrno për me gatue ha rivisto le pietanze simbolo del paese con tecniche al passo coi tempi

Il Sultjash (budino di riso, latte e cannella), l

Il Sultjash (budino di riso, latte e cannella), la rivisitazione di Mario Peqini di un piatto tradizionale del suo Paese, l'Albania, presentata in occasione della rassegna Reinventing Albanian cuisine (foto facebook)

segue dalla prima parte

Se sono ormai anni che sui palcoscenici gastronomici italiani aleggiano i ricordi di nonne e mamme e delle loro cucine, su quello allestito al mercato di Tirana per Reinventing Albanian cuisine, Bledar Kola e soci – gli chef albanesi del “collettivo” Rrno për me gatue che hanno organizzato il primo congresso gastronomico del Paese, ospitato il 18 settembre al mercato di Pazari i Ri – ce le hanno portate in carne e ossa.

Nella giornata di lavori dedicata a “reinventare la cucina albanese”, diverse signore – chi in abito tradizionale, chi in parannanza, chi in ghingheri per l’occasione – hanno presentato una ricetta tipica, poi reinterpretata in chiave contemporanea da cuochi e pasticceri.

Insieme a loro per l’occasione c’erano anche altri ospiti, tra cui lo chef Eugenio Boer, il prof. Andrea Shundi, esperto di cucina arbëreshë, e Dauro Mattia Zocchi dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, al lavoro su un atlante sulla gastronomia albanese per il progetto dell’Arca del Gusto, più il messaggio video del rettore Andrea Pieroni a rimarcare lo stretto legame tra Italia e Albania.

I Ravioli di carne con brodo di yogurt e giuggiole di Eugenio Boer

I Ravioli di carne con brodo di yogurt e giuggiole di Eugenio Boer

Il piatto di Albert Hazma

Il piatto di Albert Hazma

Tra qualche perplessità e parecchia complicità, moderati dalla giornalista Ingrid Xhaja, le insolite coppie nonna-chef si sono passate idealmente il testimone della cucina albanese, mandando in sala anche diversi assaggi, suddivisi tra antipasti, pietanze, tavë (stufati cotti al forno nei contenitori di coccio) e dolci. 

Così, per fare alcuni esempi, Ardit Curri ha trasformato la Fërgese velore – una sorta di zuppa o pasticcio al forno a base di pomodori e peperoni – in un antipasto freddo con pomodori confit, spuma di ricotta, crema di peperoni, polvere di olive e pasta dei byrek croccante. Pol Pocari ha reintepretato le shëtridhlat – tipica pasta lunga fresca della tradizione arbëreshe proposta dalla signora Lucia Martino, arrivata da Frascineto, con il tradizionale sugo rosso di carne – con un sugo fresco di pomodori, olive, aglio e gamberoni.

Bleri Dervishi ha rivoluzionato la tipica kërnackat di Korça (o Coriza, città dell’Albania centro-meridionale), una sorta di polpetta stretta e lunga, facendone una tartare condita con il profumato origano locale, olio, sale, pepe e birra di Korça, servita su una foglia e accompagnata da un brodo con il succo di cottura della cipolla e birra e da una crema di cipolla bruciata a ricordare la cottura alla griglia.

Sprovvisto di nonna albanese, Eugenio Boer ha dato una bella prova di improvvisazione e gemellaggio gastronomico con i suoi ravioli, impastati con le farine del Mullixhiu e farciti con un ripieno di carne speziato simile a quello delle kofte mangiate la sera prima tutti insieme, profumato con le erbe del mercato e insaporito con il salame fatto da Bledar Kola. Serviti con un brodo trasparente di yogurt (ottenuto per decantazione), li ha guarniti con corniole fresche e foglie di geranio odoroso, sempre trovati tra i banchi del mercato. “L’idea è nata pensando allo stufato di agnello con uovo, spezie e yogurt, un piatto tipico locale. Mi è subito venuto in mente che con l’uovo ci avrei fatto la pasta fresca”, ha spiegato lo chef da poco alla guida del suo nuovo ristorante milanese Bu:r.

Fejsal Demiraj ha trasformato il Qervish me miell misri e pulë – una sorta di stufato di pollo e polenta – usando la pasta di semi di girasole invece del mais e aggiungendo un’infusione di alghe, acqua di pomodoro (ottenuta con la freeze clarification messa a punto al Noma) per fare una densa salsa con cui ha laccato le ali di pollo, aggiungendo un formaggio tipo feta e la pelle del pollo croccante. “È un piatto che mi ricorda l’infanzia, me lo preparava mia nonna”, spiega lui. “Io l’ho reinterpretato a modo mio senza allontanarmi troppo dai sapori originali anche se ho cambiato molte cose. La nostra missione non è per forza quella di cambiare i sapori, ma di migliorarli sì”. Loris Pema ha rivisto la tavë di carpa scottandone il filetto sulla pelle, accompagnato da prugne, confettura e gelatina di cipolla, foglie di cavolo nero in carpione, alloro in polvere, acqua di pomodoro e olio al prezzemolo.

E ancora: Mario Peqini ha trasformato il sultjash – budino di riso, latte e cannella – in un raffinatissimo dessert, con le sottili cialde al cacao concave riempite di ganache al cioccolato, salsa all’arancio, spuma di riso al latte e biscotti tipici (ballokoume) sbriciolati, e la guarnizione di foglie di latte croccanti (una sua creazione recentissima) al cioccolato e allo zafferano, quello pregiato che cresce in Albania. Mentre Entiana Osmenzeza, sul palco con la zia, partendo dai ricordi d’infanzia del Qumeshtor – dolce pasquale a base di uova e latte, che però nella sua versione di famiglia e quasi per nulla dolce e sembra più una pizza rustica – ha creato una base croccante per un cremino dal sapore intenso di latte, decorato con croccanti cialde di pasta fillo laccate con sciroppo alla verbena e con un tripudio di erbe e fiori freschi. Un tocco femminile ed elegante che racconta anche del legame con la terra in cui è nata.

2. fine

LEGGI ANCHE LA PRIMA PARTE: Rrno për me gatue. Ovvero, i protagonisti del rinascimento albanese


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Luciana Squadrilli

giornalista, napoletana di nascita e romana d'adozione, cerca di unire le sue tre passioni: mangiare, viaggiare e scrivere

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