Angelo Rumolo
Cuore di vitello nel sangue con orecchie di maiale croccanti, purè di carciofi e crema di polmone, serviti con confetti al tartufodi Magnus Ek
In cantina L'ultima etichetta di Bob Noto
Franco Pepe, Pepe in grani, Caiazzo (Caserta), mattatore nella prima giornata di Identità Formaggio. Tornerà lunedì 5 marzo, Sala Blu 2, Identità di pizza, ore 17.30 (foto Brambilla/Serrani)
Se per Cristina Bowerman il formaggio è “questione di sopravvivenza”, Andrea Aprea confessa “di formaggio io vivo”. Per Franco Pepe di più: il formaggio è materia consunstanziale al mestiere stesso del pizzaiolo. Tre cuochi attivi su fronti e frontiere diverse, tre visioni, stessa centralità riconosciuta a uno degli ingredienti-chiave della grande cucina italiana che ha meritato un’intera sessione dedicated to nella quattordicesima edizione di Identità Milano.
Una metà dell’emisfero goloso, icona del 2018, porta proprio la firma di Franco Pepe. L’altra metà sono spicchi di Renato Bosco. Una scelta d’immagine? Soprattutto politica, se la politica è quella visione che cambia il mondo. E nel gastro-mondo la pizza ha acquisito una centralità tutta nuova grazie all’opera di pizzaioli come Franco Pepe, appunto. Per inciso questo è l’anno in cui l’arte del pizzaiolo – non la pizza in sé, attenzione – ha incassato il riconoscimento di patrimonio Unesco, dunque una centralità è assegnata al Fattore umano. Tutto torna.
Cristina Bowerman, Glass Hostaria e Romeo a Roma
Secondo da sinistra, Andrea Aprea, chef del Vun di Milano, col suo staff. A sinistra il moderatore della giornata di Identità Formaggio, Niccolò Vecchia