Michele Biagiola

 Foto Brambilla-Serrani

 Foto Brambilla-Serrani

Chi se ne intende dice che la creatività in cucina si è spostata a monte: dalle esasperazioni tecniche nel piatto alla messa a punto del prodotto, gomito a gomito con contadini, artigiani, allevatori. Il concetto è calzante per una cucina come quella de Le Case, emozionante microcosmo che comprende 21 ettari fra orti, boschi, aiuole di erbe aromatiche, allevamenti allo stato brado e laghi di falda per gamberi di fiume e storioni, il tutto con la certificazione bio. Un esperimento senza eguali in Italia per passione, diversificazione e rigore.

Ce ne sarebbe abbastanza per sollevare dalla poltrona il più pigro dei gourmet, ma la cucina delle Case non è fatta per lusingare i benpensanti e i terroiristes; direi anzi che aggira i cliché con lo scarto selvaggio dei suoi cinghiali, uscendo dai paletti del gastronomicamente corretto verso l’orizzonte ben più vasto della grande cucina. Equamente distribuito, il merito va ai fondatori Elvia e Marcello, alla leggiadra Francesca in sala e a Michele Biagiola in cucina: un giovane chef nato a 15 km dal ristorante, capace di controbilanciare con note di ironia, riflessività e avanguardia le tentazioni folk che assediano una country house.

A vederlo può ricordare Paolo Lopriore, un po’ orso e un po’ sornione, il caos creativo che deborda a sprazzi. Alle case dal 2000, vi ha messo a fuoco una cucina personale, fino alla recente paternità. «Dopo l’alberghiero ho fatto vari stage in Francia, anche da Marc Veyrat a Megève; in Italia sono stato da Leemann e da Cammerucci. Leemann in particolare mi è rimasto dentro, ha una concettualità ben definita, anche se a Milano le materie prime sono quelle che sono. Qui abbiamo la fortuna di sperimentare con i nostri prodotti; vediamo crescere le erbe spontanee e le raccogliamo quando vogliamo. La nostra cucina parte sempre dall’orto e vi ritorna». Dal lirismo delle erbe selvatiche, la sua carta passa agli spaghetti postmoderni ai pop corn, fino all’ermetismo della frittatina al tarassaco con gelato di penne all’arrabbiata, spiazzante parodia di un pasto tipico italiano contratto da una semantica speedy.

Ha partecipato a

Identità Milano


a cura di

Alessandra Meldolesi

Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini