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La biografia di Inaki Aizpitarte, acclamato capofila dei bistronomi, assomiglia a un racconto picaresco: nato a Besançon da genitori spagnoli in fuga dal franchismo, a 18 anni, orfano di padre, molla il liceo con le tasche vuote. Seguono i mestieri più vari: prima tagliatore di pietre, poi paesaggista a Dax con lo zio, infine studente alla facoltà di enologia di Bordeaux, dove fa girare in tutto 5 tornelli. Partito per Tel Aviv si ritrova a fare il lavapiatti nel ristorante di un serbo, dove apprende le basi e tutto quello che può, ricavandone un mestiere. Al ritorno in Francia la consacrazione: Inaki diventa capopartita del Café des Délices di Gilles Choukroun, lo chef beur che impazza su Omnivore; passa poi al bistrot La Famille, controverso laboratorio di innovazioni a Montmartre, dove si fa notare dai più. Nel 2005 è chef di Transversal, ristorante del MAC/VAL, museo di arte contemporanea di Vitry-sur-Seine, ma già un anno dopo con l’amico Frédéric Peneau acquista lo Chateaubriand, un bistrot anni Trenta nel quale aveva messo piede per caso, giusto giusto in vendita. Quando si dice il destino. Amante dei viaggi, dall’Asia al centro America, passando per il Medio Oriente, Inaki è un autodidatta che cucina con l’istinto, la fantasia e l’improvvisazione, cambiando carta ogni giorno. La freschezza, la semplicità, soprattutto la libertà di una cucina anticonformista, vagabonda e clandestina fanno di lui un maître à penser sulla scena parigina. Tale il successo, che dall'inizio 2011 i locali sono diventati due: accanto allo Chateaubriand, ecco il Dauphin, un tapas bar già acclamato. «Cerco di fare piatti abbastanza vivi, con sapori che si scontrano e poi si sposano», dice illustrando il vero e proprio schema narrativo loro sotteso, imbastito su contrasti che si dipanano nel tempo. Nel frattempo la sua famiglia è tornata nei paesi Baschi, dove lui si ritira appena può, sull’onda di un affetto che è anche gastronomico. «Mia madre cucina semplice e bene, roba che ancora mi ispira», dice ripercorrendo l’anamnesi del suo virus culinario.
a cura di
Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini
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L'urlo liberatorio a New York di Massimo Bottura lunedì 13 giugno 2016 dopo aver vinto per la prima volta la classifica dei World's 50 Best Restaurants. Foto copyright The World’s 50 Best Restaurants
Niko Romito a Identità Milano 2016. Lo chef abruzzese è la new entry italiana del 50 Best: i 50 migliori saranno rivelati lunedì, poche ore fa è stata resa nota la classifica dal 51° al 100° posto
Parte della squadra di cuochi che martedì sera ha dato vita a una mini-edizione di Gelinaz a Villa Panna, sede storica degli stabilimenti di Acqua Panna a Scarperia del Mugello (Firenze). Da sinistra a destra, Agata Felluga di Jour de Fête a Strasburgo, Inaki Aizpitarte di Chateaubriand a Parigi, Danny Bowien di Mission Chinese a New York e San Francisco, Petter Nilsson dello Spritmuseum di Stoccolma e Kobe Desramaults di In De Wulf nelle Fiandre. L'evento è stato concepito da Clément Vachon di Sanpellegrino e Andrea Petrini di Gelinaz (foto di Gabriele Stab)