26-11-2014
Marco Bolasco, classe 1973, vive a Roma e lavora a Firenze e Torino. Direttore dell’enogastronomia in Giunti e direttore editoriale di Slow Food, scrive su Repubblica e ha ripreso a farlo sul suo blog Cibario (foto www.consorzio-viniabruzzo.it)
Faccio parte di quella ridotta schiera di giornalisti enogastronomici che vengono stipendiati per fare il proprio lavoro. E sono doppiamente fortunato: ho trasformato una passione in un progetto e trovato qualcuno disposto a investirci su. Siamo pochi, in Italia molti meno che in quasi tutti gli altri settori del "saper fare" e dell'espressione umana: arte, cultura, sport, ad esempio. Altrove, da anni, il "food&wine" è settore strategico nell'editoria e in televisione. Jamie Oliver inventava format ed era già una stella prima ancora che Cracco trovasse i Peck disposti ad investire su di lui. Forse è anche per questo che decine di scrittori e giornalisti anglosassoni si sono cimentati nel raccontare il cibo italiano prima di noi. Avevano strumenti per farlo e lo facevano con competenza.
MODELLO ANGLOSASSONE. Jamie Oliver, da tempo sulla breccia (foto telegraph.co.uk)
PALESTRA DI IDEE. L'Università di scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo)
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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classe 1973 (come Zanatta), vive a Roma e lavora a Firenze e Torino. Direttore dell’enogastronomia in Giunti e direttore editoriale di Slow Food, scrive su Repubblica e ha ripreso a farlo sul suo blog Cibario