05-10-2017

Marina Abramović ha conquistato Alba

L'amore per l'arte della famiglia Ceretto porta nelle Langhe l'artista, con una performance su Santa Teresa di Ávila

Marina Abramović durante l'incontro pubblico

Marina Abramović durante l'incontro pubblico dello scorso 29 settembre al Teatro Sociale di Alba, in cui ha raccontato la sua storia artistica attraverso alcune delle sue più celebri performance 

Stiamo passeggiando con Roberta Ceretto nel centro di Alba, percorrendo quel breve tratto di strada porticata che divide il ristorante Piazza Duomo dalla trattoria moderna La Piola, le due insegne dedicate alla ristorazione di proprietà della famiglia. E improvvisamente veniamo circondati da una classe di una scuola superiore della città (di un liceo artistico, scopriremo dopo). 

«Abbiamo visto Marina Abramović entrare qui!», dice, quasi gridando, la più intraprendente della scolaresca. «E’ vero, ci hanno detto che sta pranzando nel ristorante - le fa eco, incalzante, la docente che accompagna la classe - siccome sicuramente non riusciremo a trovare posto questo pomeriggio in teatro, non potremmo almeno entrare a vederla da lontano?».

Un piccolo episodio, ma un segnale preciso e chiaro di quanto la città di Alba abbia vissuto con curiosità e passione l’arrivo dell’artista serba (naturalizzata americana), ospite della famiglia Ceretto, che così prosegue nel suo progetto di promozione dell’arte contemporanea in Italia e nelle Langhe in particolare, accostando questo impegno alla grande tradizione vitivinicola che l’ha resa famosa

A La Piola la passione per l'arte dei Ceretto ha fatto nascere i "Piatti d'artista": 12 grandi nomi dell'arte contemporanea internazionale che hanno creato delle opere poi trasformati in piatti. In foto quella ideata da Robert Indiana, esponente di spicco della pop-art statunitense

A La Piola la passione per l'arte dei Ceretto ha fatto nascere i "Piatti d'artista": 12 grandi nomi dell'arte contemporanea internazionale che hanno creato delle opere poi trasformati in piatti. In foto quella ideata da Robert Indiana, esponente di spicco della pop-art statunitense

E’ infatti un rapporto costante e quasi ventennale quello che i Ceretto hanno costruito con l’arte contemporanea, coinvolgendo in diversi progetti nomi di primissimo piano della scena internazionale come Kiki Smith, Francesco Clemente, Miquel Barcelò, Anselm Kiefer e molti altri ancora. E’ appunto Roberta la persona che più di ogni altra in famiglia segue questi progetti, ed è lei a ripercorrerne gli sviluppi.

«Quando devo raccontare questa relazione della mia famiglia con l’arte, parto sempre dalla parola passione - esordisce Roberta Ceretto - anche perché i produttori di vino sono molto spesso persone animate da questi sentimenti. Senza questo genere di amore, non riusceremmo nemmeno a convincere i clienti della bontà dei nostri vini. L’arte, altrettanto, origina da pulsioni simili. Con tutto ciò, questa storia è iniziata per caso, quando nel 1996 ci chiesero il favore di ospitare Sol LeWitt, collaborando alla realizzazione di una mostra. Da incoscienti quali siamo, ci siamo subito resi disponibili».

La famosa Cappella del Barolo, che si trova nel Vigneto Brunate a La Morra, nasce dalla collaborazione, nel 1999, tra gli artisti Sol LeWitt e David Tremlett. I due hanno reinterpretato il rudere di una Cappella costruita nel 1914, acquistata dalla famiglia Ceretto nel 1970 assieme a 6 ettari del prestigioso terreno

La famosa Cappella del Barolo, che si trova nel Vigneto Brunate a La Morra, nasce dalla collaborazione, nel 1999, tra gli artisti Sol LeWitt e David Tremlett. I due hanno reinterpretato il rudere di una Cappella costruita nel 1914, acquistata dalla famiglia Ceretto nel 1970 assieme a 6 ettari del prestigioso terreno

Un incontro che fu una rivelazione: «Ci colpì da subito un modo di pensare, un approccio al mondo, uno sguardo sulle cose che poi abbiamo ritrovato accostandoci a tanti altri artisti. Sono convinta - continua la Ceretto - di come più che collezionisti di opere d’arte, noi si abbia l’ambizione di essere collezionisti di esperienze». E nel concetto di “performance”, spiegato con estrema intensità e chiarezza da Marina Abramović durante il suo incontro pubblico al Teatro Sociale di Alba, l’elemento dell’esperienza risulta fondamentale. 

L’Italia è stata per lei una tappa fondamentale, all’inizio della sua carriera: quando a Napoli, nel 1974, ospite della Galleria Morra, mise in atto la sua storica performance “Rhythm 0”, aveva appena iniziato a essere conosciuta nel mondo dell’arte contemporanea. Una carriera che dura da oltre quarant’anni e che l’ha vista evolvere in modo costante: se i temi della sofferenza, delle paure, della morte, restano sempre centrali per la sua espressione, sono radicalmente cambiati gli strumenti e i linguaggi con cui affrontarli e con cui entrare in contatto con il pubblico.

Un'immagine della video performance "Holding The Milk", in mostra nel Coro della Maddalena di Alba

Un'immagine della video performance "Holding The Milk", in mostra nel Coro della Maddalena di Alba

Dal corpo, principale protagonista della prima parte della sua storia artistica, alla mente: «E' questa la vera chiave della mia arte oggi, e l’enorme mistero che cerco di esplorare», ha raccontato alla platea stracolma, prima di concedersi a una decina di domande, assolutamente libere, da parte degli spettatori. La sera prima Enrico Crippa l’aveva ospitata a Piazza Duomo - il ristorante di cui i Ceretto sono i proprietari, che lo chef ha portato alle tre stelle Michelin e alla 15esima posizione nella classifica del S.Pellegrino World’s 50 Best - per una cena speciale, in cui ha trasformato alcune delle performance più famose della Abramović in piatti irripetibili. 

Fino al 12 di novembre al Coro della Maddalena di Alba sarà infine in mostra un’opera di Marina Abramović chiamata “Holding The Milk”, una video-installazione che la riprende in primo piano, in un lungo abito nero, mentre immobile e impassibile mantiene una presa intensa su una ciotola piena di latte, nella cucina di un antico e pericolante convento. E’ un omaggio a Santa Teresa di Ávila, che l’artista ha deciso di impersonare in questo modo, ma anche un ricordo della sua infanzia, quando la grande cucina della nonna era il fulcro del suo mondo. 


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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