14-02-2017
Il pane di Matera, eccellenza italiana, cerca nuovi sbocchi per preservare una storia che affonda le proprie radici nei secoli
I materani ne sono convinti: il loro pane è più buono di quello di Altamura. Peccato che mezza Italia conosca solo quest'ultimo dei cugini pugliesi, che fin da tempi non sospetti hanno cominciato a commercializzarlo e a cercare riconoscimenti come la Denominazione di Origine Protetta. All’origine dell’innegabile propria superiorità per gusto e per fragranza, a detta dei materani, ci sarebbero soprattutto gesti e rituali che si susseguono nel tempo immutati e che Massimo Cifarelli, giovanissimo presidente del Consorzio pane di Matera Igp, si ostina con competenza e caparbietà a promuovere, attraverso corsi e iniziative.
Un brevissimo passaggio come consulente finanziario, poi la decisione di investire nel forno di famiglia, costruito nel 1947 da nonno Antonio, all’inizio nei famigerati Sassi, ora in città; il suo forno - uno dei pochissimi a legna rimasti in città e ancora oggi considerato il migliore - da tre generazioni continua a produrre il buon pane nella tipica forma di cornetto o alto, «…ma forse solo oggi a Matera facciamo un prodotto veramente impeccabile sempre», afferma Massimo.
Massimo Cifarelli è il giovane a destra, nel panificio di famiglia con il padre e il fratello Antonio
Il pane materano nacque proprio da quella miseria: basti pensare al lievito madre, che veniva originariamente creato con gli escrementi, lasciati a macerare, delle mucche o degli asini con i quali i materani condividevano la casa-grotta. Ora il disciplinare di produzione del pane materano, per ovvi motivi, prevede la creazione del lievito a partire dalla macerazione di frutta di stagione, anche questa una ricetta originaria, scovata grazie al lavoro del Consorzio in collaborazione con una signora che nei Sassi ha vissuto.
All’ora dell’infornata, al panificio Cifarelli, accorrevano tutte le donne a controllare che la cottura andasse a buon fine. Ma era soprattutto l’ordine di disposizione delle panelle sulle tavole di legno a creare grattacapi al fornaio, giudice e arbitro tra decine di persone divise da liti e rivalità. La qualità del pane non sempre era ottimale, la panificazione era infatti sottoposta a una variabile incredibile di fattori, da quelli patogeni presenti nelle case-grotte, alla stanchezza delle donne che dovevano impastare quantità importanti di pane spesso in condizioni precarie. Certo: quando il pane riusciva, era un vero trionfo.
(foto Raffaele Petrozza)
Molta strada è stata fatta da allora ma la filiera produttiva, la selezione dei grani – provenienti tutti dalla collina materana -, la molinatura e la panificazione avvengono sempre nello stesso modo. Quello che è cambiato è sicuramente il mercato e, forse, a modificarsi dovrebbe essere anche la distribuzione di questa eccellenza – oggi la si trova solo in gastronomie e ristoranti. Serve una distribuzione intelligente ed equilibrata, ma capillare: perché piange un po’ il cuore non poter mangiare il pane di Matera, al di fuori di Matera.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Veneziana d’adozione, materana per amore, è laureata in storia medievale e su tutto ama fare due cose: leggere e mangiare bene. Ha lavorato per anni in una casa editrice, ora lavora nell'ufficio stampa di Identità Golose e non potrebbe essere più felice
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