12-06-2014

And the winner is... Paolo Marchi

Vinto il prestigioso Premiolino, mister Identità si racconta sul suo passato. E sulle nuove ambizioni

Paolo Marchi riceve da Alfredo Pratolongo di Heine

Paolo Marchi riceve da Alfredo Pratolongo di Heineken Italia il Premiolino, premio giornalistico istituito nel 1960, tra i più antichi d'Italia, da 9 anni promosso da Birra Moretti. A Marchi è andato il Premio per la diffusione della cultura alimentare. Gli altri premiati di quest'anno: Giacomo Di Girolamo, direttore dell’emittente RMC 101, Ester Castano di Libera Stampa l’Altomilanese, Lucia Goracci di RaiNews24, Fabio Lepore e Luca Piana de l’Espresso e Niccolò Zancan de La StampaBarbara Stefanelli, vicedirettrice del Corriere della Sera, Gerardo Greco di Rai3 Massimo Franco del Corriere della Sera

Nell’Albo d’Oro del Premiolino, alla sua cinquantaquattresima edizione, figurano firme storiche come quelle di Giorgio Bocca, Camilla Cederna, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Eugenio Scalfari; anche la giuria è composta da grandi personalità della professione, tra cui Ferruccio de Bortoli, Enrico Mentana, Milena Gabanelli, Piero Colaprico. Ogni anno vengono scelti 7 giornalisti della carta stampata, della radio, della televisione e dei nuovi media per il loro impegno professionale e per aver contribuito alla difesa dell’indipendenza delle opinioni e della libertà di stampa da qualsiasi condizionamento. E questa volta, tra i sette, con il premio Birra Moretti per la Diffusione della Cultura Alimentare, c'è anche Paolo Marchi, ideatore e direttore di Identità Golose. Un giornalista la cui passione per il suo lavoro, noi, la conosciamo bene. E con cui è stato molto piacevole ripercorrere alcune delle tappe della sua carriera. Iniziando da quella volta in cui ha dovuto scegliere se provare a fare il cuoco o il giornalista sportivo.

Come hai fatto a deciderti?
Avevo vent'anni e davanti a me c'erano due possibilità: andare a lavorare in un importante ristorante di Milano, che ora non c'è più, o collaborare alle pagine sportive del Corriere della Sera. Passai un fine settimana a ragionarci, non fu facile, perché quelle erano le mie due passioni. Poi pensai a come i cuochi dimostrassero sempre più anni di quanti non ne avessero in realtà. Perché allora, ancora più di oggi, quel mestiere era massacrante. In più non avevo le basi, la tecnica, non avendo fatto l'alberghiero. Ma soprattutto era già da qualche tempo che avevo iniziato a scrivere di sport e avevo capito che, se fossi stato bravo, come cronista sportivo avrei potuto viaggiare molto. E così è stato. Girare il mondo per seguire gli eventi sportivi mi ha dato modo di frequentare i più grandi ristoranti, così sono riuscito a tenere insieme le mie due passioni.

Paolo Marchi durante la cerimonia di premiazione

Paolo Marchi durante la cerimonia di premiazione

Com'è avvenuto il passaggio al giornalismo gastronomico?
Lavorando al Giornale, come giornalista sportivo, avevo qualche occasione per scrivere anche di cucina, ma erano comunque rare. Nell'estate del 1988 mi ricordo la scoperta, in un ristorante in Francia, della guida dei Jeunes Restaurateurs d'Europe, nata da un'associazione francese che voleva valorizzare i nuovi talenti della cucina. Pensai subito che quello era il futuro, ciò che mancava davvero in Italia. Poi, durante un'altra cena, questa volta a Cortina, sentii il ristoratore dire che il giorno successivo avrebbe partecipato a una prima riunione per fondare la versione italiana di quell'associazione. Così mi informai, e dalla riunione successiva partecipai a tutti gli incontri per la fondazione della JRE italiana. Per me quella fu una vera svolta, perché intercettai la nascita di qualcosa che rappresentava perfettamente il mio pensiero e i miei interessi. Nel mio lavoro ho sempre cercato di far emergere i giovani talenti, più che essere uno dei tanti che parla bene di un "tre stelle". Questo non vuol dire occuparsi dei giovani a discapito dei grandi maestri, ma ho sempre apprezzato chi rischia qualcosa, chi si sbilancia.

Da lì in poi hai scritto sempre di più di gastronomia. In attesa della seconda svolta, che si chiama Identità Golose. Come è arrivata?
I cuochi italiani erano famosi in Italia: come spesso ci succede, siamo poco capaci di far conoscere all'estero le nostre eccellenze, di promuovere, ad esempio, la nostra gastronomia con una guida, come la Michelin ha fatto per la cucina francese. Nel gennaio del 2004 ero a Madrid, per Madrid Fusión, e vedevo intorno a me una trentina di chef italiani, lì praticamente solo per copiare, o comunque per capire quello che succedeva. Allora, parlando con Carlo Cracco, che era l'unico italiano invitato a intervenire, gli dissi che anche in Italia avremmo dovuto inventarci un congresso internazionale, perché la cucina italiana aveva molto da offrire e doveva confrontarsi alla pari con le grandi cucine estere. Identità Golose è nata da questa idea, di offrire un palco ai cuochi italiani, mettendoli però insieme ai colleghi internazionali. In più volevo mettere in luce i loro ragionamenti, dando la possibilità di raccontare il lavoro e la ricerca che stanno alla base dei loro piatti.

Foto di rito per i premiati

Foto di rito per i premiati

E la prossima svolta? Cosa vorresti fare ancora nella tua vita professionale?
Mi piacerebbe poter lavorare ancora di più sui concorsi gastronomici per i giovani, far crescere la didattica, l'insegnamento, la divulgazione. Io non sopporto di vedere come ancora oggi l'Italia non sappia presentarsi all'estero: un mese fa ero a Stoccolma per le selezioni del Bocuse D'Or, e sono rimasto a bocca aperta quando, presentando Budapest, prossima sede delle selezioni che si terranno nel 2016, si è alzato questo signore, Pál Schmitt, presidente della repubblica ungherese e due volte campione olimpico di scherma, che ci ha spiegato le ambizioni del suo paese, di come Budapest possa e voglia diventare una delle prossime capitali europee della gastronomia. E' chiaro che quando mandi qualcuno di così rappresentativo, tutti ti ascoltano. Noi in questo siamo proprio incapaci. E ti direi che nella seconda parte della mia vita mi piacerebbe fare del mio meglio per contribuire a un lavoro serio, profondo e onesto per la valorizzazione del made in Italy.


Primo piano

Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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