12-02-2013

Dinamite fiamminga

Pieter Lonneville, De Mangeleer, Desramaults, Persoone: una mattinata dalle Fiandre con furore

A sinistra, Kobe Desramaults di In de Wulf spacca

A sinistra, Kobe Desramaults di In de Wulf spacca e sega una testa di cinghiale: è il piatto di un cervello rosolato al burro. A supporto, il presentatore Andrea Petrini (foto Alessandro Castiglioni)

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Gert De Mangeleer, Kobe Desramaults, Dominique Persoone, Pieter Lonneville

Terza giornata di Identità Milano, con le Fiandre ospite d’onore dell’Auditorium. “Non me ne voglia la Vallonia – esordisce Paolo Marchi nell’introduzione alla giornata – ma la parte fiamminga del Belgio è la più interessante dal punto di vista gastronomico, non ricalca la Francia a tutti i costi, ha personalità e radici proprie”. Giovanna Sainaghi, direttore dell’Ufficio Turismo Fiandre, spiega perché: “Nella nostra regione c’è molto di bello ma prima che sulle destinazioni puntiamo sulle persone. Brugge è la meta più conosciuta però ogni città, da Anversa a Gent, è in grado di offrire un volto diverso delle Fiandre”.

Gert De Mangeleer, tre stelle e un fattoria nel futuro. A sinistra, Luciana Squadrilli

Gert De Mangeleer, tre stelle e un fattoria nel futuro. A sinistra, Luciana Squadrilli

Il primo dei talenti fiamminghi a salire sul palco è Pieter Lonneville del Tête Pressée, la “testina in cassetta”. Nome programmatico e simbolo della filosofia di un ristorante “open kitchen” e “open table”: artigianalità, autenticità dei sapori, orgoglio per il proprio lavoro, rispetto per l’ambiente e localismo. Impresa alla portata delle Fiandre, dove le distanze si annullano ed è facile tessere relazioni di fiducia con i piccoli produttori locali. Il rispetto per Lonneville? È soprattutto il rispetto per l’animale: niente si butta – non solo del maiale, come si dice dalle nostre parti, ma anche del manzo – tutto si conserva e si cucina separatamente per poi confluire nuovamente nel piatto.

Seconda stella tappa del viaggio nelle Fiandre è Kobe Desramaults. In de Wulf era una semplice insegna familiare e oggi è uno dei locali più trendy del paese, nonostante si trovi in un piccolo villaggio. Il pane e il burro si fanno sempre in casa, grande manualità e gesti antichi portano in tavola semplicità e sapori autentici. Sul palco di IG Kobe si concentra su due ingredienti, il sedano rapa e il porro invernale, trattati in diverse cotture e consistenze per esprimere tutte le potenzialità del prodotto. Messa apparentemente a proprio agio la sala con nuance vegetali, seppur intense, ecco che fa la sua comparsa una testa di cinghiale, letteralmente spaccata e segata “live” e poi usata come piatto per il cervello rosolato al burro. Non una cucina per deboli di stomaco.

Pieter Lonneville, open kitchen

Pieter Lonneville, open kitchen

Gert De Mangeleer, terzo dei flemish chef, ha avuto una carriera fulminante: la sua insegna, Hertog Jan, ha ottenuto tre stelle Michelin nel giro di sette anni. Nel 2014 una fattoria diventerà il nuovo quartier generale dello chef, perché già oggi il 96% degli ingredienti che serve sono di sua produzione. La semplicità è il filo conduttore della sua cucina ma attenzione: la semplicità non è mai semplice. Nasconde sapienza a artigianalità. Ecco allora un’insalata che non è mai uguale a se stessa ma che è il risultato quotidiano della sua passeggiata mattutina nell’orto.

Il trofeo di Dominique Persoone, re del cioccolato. A sinistra, Gabriele Zanatta

Il trofeo di Dominique Persoone, re del cioccolato. A sinistra, Gabriele Zanatta

Una volta che il palco è sufficientemente caldo, ecco il front man della band fiamminga, il punk rocker del cioccolato, quello che da Brugge ha diffuso il virus della creatività nel mondo della cioccolateria. Tra olio di canapa, funghi allucinogeni e caramello di gamberetti locali (pescati ancora come tradizione vuole: a cavallo), ecco come Dominque Persoone rivoluziona forma e contenuto delle praline. Senza però perdere di vista il tema del rispetto: intanto per la brigata – “è la prima lezione che ho imparato dai grandi chef dove ho lavorato, da Adrià a Blumenthal” – e poi per la pianta di cacao, che fa uno sforzo immenso per regalarci una materia prima preziosa: con 700 fave si producono solo 700 grammi. Serve però più ricerca: ecco perché Dominque ha acquistato una piccola piantagione nello Yucatan dove coltiva e difende varietà di cacao che scova nelle sue scorribande in giro per il mondo.

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Gert De Mangeleer, Kobe Desramaults, Dominique Persoone, Pieter Lonneville


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a cura di

Federico De Cesare Viola

Romano, scrive di enogastronomia e viaggi sul Sole 24Ore e collabora con numerose testate, tra cui La Repubblica e L’Uomo Vogue. È docente allo Iulm e lecturer in Food Media per diversi college americani. Twitter @fdecesareviola

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