20-03-2016

Bottura benedice il Food Act

«Meglio tardi che mai». Intanto la Francia celebra la sua grandeur grazie anche agli italiani

Massimo Bottura, chef-patron dell'Osteria Fran

Massimo Bottura, chef-patron dell'Osteria Francescana a Modena in una foto tratta dal sito dell'Associazione Le Soste. A Bottura va riconosciuto il merito di essersi battuto come nessun altro perché il Food Act divenisse realtà

Credo che il miglior commento al Protocollo di collaborazione per la valorizzazione della cucina italiana di qualità all’estero, protocollo firmato martedì scorso alla Farnesina a Roma, lo abbia fatto Massimo Bottura, uno che si è battuto come un leone per arrivare a tanto e assente il 15 marzo perché bloccato a letto nel giorno più importante, testimone raccolto brillantemente da Carlo Cracco: «Io penso che prima di parlare bisogna conoscere! Secondo me il giusto approccio sarebbe: meglio tardi che mai». Esatto: alla buon’ora.

Il tutto riferito alle critiche di chi antepone i propri interessi a una visione più globale del ristorazione italiana, di chi vede soprattutto se stesso e il proprio orto e non pensa mai che tutto avrebbe più forza se vi fosse un minimo di coesione, l’intenzione e l’interesse a confrontarsi, proporre e costruire per il futuro rapportandosi anche per chi ci governa e amministra. La cucina italiana non si ferma sull’uscio del proprio ristorante ma andrà oltre a tutti coloro che sono protagonisti ora, compreso Gianfranco Vissani che una settimana fa al ministero degli esteri ha ripetuto all’infinito che era solo tempo perso, salvo farsi poi fotografare accanto i ministri e loghi tricolori. Il talento in cucina sì, la coerenza invece di certo non gli appartiene.

I ministri Maurizio Martina e Paolo Gentiloni ritratti mentre firmano alla Farnesina, martedì 15 marzo 2016, il Protocollo di collaborazione per la valorizzazione della cucina italiana di qualità all'estero

I ministri Maurizio Martina e Paolo Gentiloni ritratti mentre firmano alla Farnesina, martedì 15 marzo 2016, il Protocollo di collaborazione per la valorizzazione della cucina italiana di qualità all'estero

Io per primo so bene che tutto al mondo può essere fatto meglio, però è importante che un’idea, lanciata a marzo 2015 al ministero delle risorse agricole e discussa a luglio all’Expo, ha visto via via coinvolti a vario titolo ben cinque ministeri, i tre che hanno firmato il protocollo, Esteri, Agricoltura e Istruzione, ovvero Paolo Gentiloni, Maurizio Martina e Stefania Giannini, più quelli della cultura e dello sviluppo economico. Di certo questo sforzo è molto poco italiano e forse proprio per questo gli assenti e gli egoisti faticano a capirne la portata. Non sono abituati a vedere tanti soggetti fare gruppo, andando molto di là dello chef stellato usato come lustrino e gloria da esibire.

Eppure basterebbe guardare ai francesi, ma anche a peruviani, scandinavi, spagnoli, australiani, thailandesi, giapponesi, tutti in pratica, per capire cosa funzioni a livello di sistema e di propaganda. Senza allontanarci troppo dal vecchio continente, proprio il 21 marzo, adesso, i nostri cugini tornano a celebrare la grandezza universale della loro cucina. Trascrivo dall’invito ricevuto da tanti ristoratori di casa nostra: «Il prossimo 21 marzo per la seconda volta la Francia organizza una manifestazione gastronomica globale Goût de France/Good France. Oltre 1000 chef dei 5 continenti renderanno omaggio alla cucina francese e ai suoi valori di convivialità. Dai ristoranti di alta gastronomia al bistrot di qualità, gli chef di tutto il mondo sono invitati a partecipare a questa grande festa. Lo scorso anno l’Italia è stato il paese con il maggior numero di chef partecipanti al mondo, con 100 ristoranti».

Avete letto bene: un anno fa 100 e stavolta 70 cuochi italiani daranno appuntamento ai loro clienti, come i francesci non faranno mai a nostro favore, per osannare quanto di buono sanno fare in un’altra nazione. E per quanto sia giusto riconoscere i meriti altrui, anche per trarne gli stimoli giusti per fare meglio, fossi in chi critica il Food Act mi indignerei ben di più per questo che per dei ministri del nostro governo che alla buon’ora hanno messo la testa sul tema cucina italiana nel mondo. Ma forse il problema è davvero questo: avere deciso di fare qualcosa, ad esempio la Settimana della Cucina Italiana nel mondo a fine novembre, dopo che per decenni non si è fatto niente.


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a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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