08-05-2014

Catenacci, il Buon Paese a Stoccolma

Stefano e l'Operakällaren, bella storia italiana durante il Bocuse d'Or. Ma tutto iniziò per caso

A Stoccolma per le selezioni europee del Bocuse d’Or, il mondiale per cuochi venti-trentenni, la finale il prossimo gennaio a Lione, per l'Italia ecco il trentino Diego Rigotti, il tour riservato alla stampa non poteva che iniziare da una visita, ma non una cena, all’Operakällaren e il perché è subito evidente. E’ il ristorante bene, storico della capitale, una scheggia del palazzo reale scivolata al di là del braccio di mare che taglia la capitale svedese come il Canal Grande Venezia.

Stefano Catenacci, chef stellato a Stoccolma

Stefano Catenacci, chef stellato a Stoccolma

La struttura data 1787, una fabbrica di ori e di stucchi, con tanto di stella Michelin appena riconquistata dopo tre anni di purgatorio. Due secoli dopo, 1987, è stata comperata da una famiglia italiana e fu scandalo come ricorda ancora bene Stefano Catenacci, classe 1966, gemello separato alla nascita di Enrico Crippa: “Fece tutto mio fratello Alessandro, è un casinaro però ha anche un gran cervello. I giornali titolarono qualcosa come ‘Pizzaioli comperano l’Opera House’ e quel pizzaioli sottintendeva altro perché con noi italiani si finisce sempre lì. Oggi la nostra società ha sette alberghi e ancora di più ristoranti e nessuno ha nulla da ridire. Ironia della sorte: mai posseduto una pizzeria”. Ma tanta voglia di lavorare sì.

L’Operakällaren è stellato, la sua cucina non è né italiana né segue l’onda della rivoluzione nordica: “Scriva cucina internazionale e non sbaglia. Non so se il Noma è davvero il miglior posto al mondo, però Redzepi ha fatto sì che il mondo puntasse gli occhi sulla Scandinavia e questo è davvero importante per tutti noi”. Poi ognuno fa la sua corsa e il pubblico sceglie.

I Catenacci hanno una di quelle storie che potrebbero ispirare un romanzo o un film, anche se Alessandro Manzoni ha dimostrato che ogni vita può essere raccontata con tre parole: “Mio padre, Vincenzo, è romano, mia madre napoletana, si sposarono presto, lei aveva 16 anni, papà dieci di più. Nel 1958 nasce mio fratello e mio padre decide di cambiare passo. Aveva risparmiato per un anno e con un amico va ad Amsterdam. Una sera bevono e si divertono e crollano a dormire. Quando finalmente si risveglia, l’amico non c’è più e i soldi neppure. Non era proprio un amico, però a quel furto dobbiamo la nostra fortuna. Papà non ha il coraggio di raccontarlo a casa, lavora e tace. Poche settimane e un giorno uno gli suggerisce di andare a Stoccolma perché le opportunità sono mille. Detto e fatto”.

Il resto è sotto gli occhi di tutti. L’Operakällaren è uno di quei ristoranti che vestono il cuoco, non viceversa. “Ero all’Albereta dal maestro Marchesi, c’erano anche Cracco e Crippa. Nel ’95 tornai qui e due anni dopo prendevo in mano tutto. Quando penso a cosa è l’Italia, a tutti farebbe bene un viaggio da queste parti con gli occhi bene aperti e imparare. Parlo di rispetto, attenzione all’ambiente, prodotti, organizzazione. Non è affatto vero che qui non si fa una signora spesa, pesce, carne, selvaggina non ne parliamo, certe verdure che un tempo nessuno immaginava che potessero essere mangiate e che invece ora sono di uso quotidiano nelle nostre cucine. Una si chiama harsyra e sa di limone, è aspra. Un’altra myskmadria ed una sorta di rucola. Poi qui vanno oltre e usano anche i tartufi raccolti sull’isola di Gotland. Quando mi chiedono perché io li faccia arrivare dall’Italia, rispondo di provare e poi ti sapermi dire. Il confronto non dice mai bugie”.

Stefano sprizza soddisfazione, nato qui ha il doppio passaporto e non farebbe mai cambio con l’Italia: “Si lavora duro, ma tanto dai tanto ricevi. Ad esempio, noi facciamo parte di un’associazione che si chiama Svanen per la salvaguardia dell’ambiente. Abbiamo tante regole da rispettare che riempiono uno schedario alto così, tipo sette bidoni per la raccolta differenziata, piuttosto che l’obbligo a usare candele prive di paraffina però in Svezia quando guidi, e qualcosa ti obbliga a fermarti, tutti spengono il motore per non inquinare. Viene naturale e allora non ti senti solo”.

Io mi incavolo di brutto a sentire queste storie. Ci hanno rubato l’Italia.

1. Continua


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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