07-04-2014

Il Festival Loiseau in 10 ricordi

Da un dessert salato all'ostrica di Holmstrom, il meglio di una settimana molto golosa a Mauritius

Un momento importante durante il gran finale della

Un momento importante durante il gran finale della nona edizione del Festival Bernard Loiseau al Constance Belle Mare Plage: lo speaker ha appena letto il nome del vincitore, quello di Dammika Sarath. Ed è proprio lui, Dammika, a sentirlo per primo, tanto da alzare subito le braccia al cielo mentre gli alrtri cuochi in gara sono ancora lì che si interrogano e cercano di capire cosa è successo e chi li ha battuti

Una settimana a Mauritius, per il nono Festival Bernard Loiseau, e tanti ricordi che prolungano, una volta tornati in Italia, il piacere provato nell’isola dell’oceano Indiano. Ne ho scelti dieci ben sapendo che sarebbero ben di più perché il posto era bello, la cucina buona e la compagnia piacevole.

Il dress code: andava dal casual, quando si pranzava all’aria aperta in piena natura, all’elegant per la cena di gala al Prince Maurice ovvero un hotel 5 stelle lusso. In genere era consigliato il casual chic, un codice a maglie larghe. Per fortuna era bandita la cravatta, la giacca in pratica pure e le infradito anche. Poi c’era chi le usava la sera lo stesso. Mah.

Il mercato coperto di Flacq

Il mercato coperto di Flacq

Frutta e verdura: su un’isola, Mauritius, che conta 10 volte la popolazione della val d’Aosta (un milione e 300mila contro 128mila) ma è grande poco più della metà, la cucina è un mix tra echi africani, indiani e asiatici. Guai non visitare il Mercato Centrale della capitale Port Louis anche se io mi sono trovato meglio a quello defilato di Flacq. Inevitabile l’acquisto della vaniglia.

Dominique Loiseau: vedova del grande Bernard, si è mossa con l’aplomb di una regina in visita ufficiale. Ha il grande merito di avere tenuto tutto splendente dopo il suicidio del marito nel 2003. Dell’Italia ricorda con grande piacere Nadia Santini, ma resta permeata di grandeur francese.

Rabbia: l’ho provata guardando com’erano tenute bene, linde e sorvegliate, le spiagge mauriziane. Attenti però: mi riferisco a quelle pubbliche perché ci mancherebbe se non fossero perfette quelle dei resort. Ecco, ma perché da noi sono regolarmente delle discariche a cielo aperto? Penso alla pineta di Viareggio piuttosto che ai lidi del Salento. Autentiche vergogne, eppure sia loro che noi viviamo di turismo.

Spiaggia: è il nome che al Belle Mare Plage, complesso dove si celebrava l’evento, hanno dato al ristorante di cucina mediterranea. Che non vuole dire italiana. Ai nostri piatti è stato riservato un buffet serale. Valido, a patto di sorvolare sulla cottura della pasta.

Un buon dessert: è quello preparato martedì 1 aprile da Nicolas Durosseau, pastry chef del Blue Penny (è il nome di un ristorante, preso in prestito da un francobollo isolano, così raro da valere milioni di dollari), un Chaud-froid di meringa al cioccolato e alla vaniglia con una nota a sorpresa: il sale. Ha commentato madame Loiseau: “E’ buono ed è differente”. Bontà spiazzante.

Un fior di antipasto: quello di Michael Scioli, chef al Prince Maurice, il giorno 3, una Quenelle di gamberi dell’oceano Indiano in emulsione di cocco e salsa al curry. Soprattutto nei gala che il lavoro ti fa incrociare ogni mese, ci sono piatti che mangi perché devi, altri perché comunque hai fame e qualcosa devi pur mandar giù. Però a volta ne gusti di davvero ottimi e così è capitato con i gamberi di Scioli. Piatti puliti, che è una medaglia d’onore per chi lavora in cucina.

La gara 1: l’antipasto che ho preferito, tra i sei in lizza, ha spaccato la giuria perché c’è chi lo ha trovato troppo piccante. In effetti, Dinushan Patabadage, del Constance Moofushi alle Maldive, ha proposto una crema fredda di peperoncini e ananas che, per quanto il frutto giocasse con il fuoco, piccante era e piccante restava. Ma se dovevamo premiare chi interpretava meglio la cultura dell’isola, a Mauritius quella è. Per palati d’amianto.

La gara 2: le vere divergenze sono emerse a livello di piatto principale, a tema fisso: il petto d’anatra, una scelta molto francese. In pratica uno è arrivato in tavola perfetto, e gli altri ben distanti. Dammika Sarath, del Constance Halaveli alle Maldive, ha vinto il trofeo assoluto per avere azzeccato in pieno la cottura richiesta, al giusto rosa che è sempre una brutta bestia. Per paura di andare oltre, sovente si finisce con il lasciare il petto mezzo crudo e sanguinolento.

L'Ostrica di Jacob Holmstrom, del ristorante Gastrologik a Stoccolma, proposta venerdì 11 aprile al Constance Deer Hunter di Mauritius: superba

L'Ostrica di Jacob Holmstrom, del ristorante Gastrologik a Stoccolma, proposta venerdì 11 aprile al Constance Deer Hunter di Mauritius: superba

Ostrica da sogno: si è rivelata tale quella dello svedese Jacob Holmstrom, del Gastrologik di Stoccolma. Tale la bontà dell’ostrica cruda, che diffido di coloro che vogliono cuocerla o, comunque, condirla. In genere la rovinano. Jacob invece ha servito un piccolo capolavoro, con sua altezza reale appoggiata su un letto di panna bella densa, condita con olio di aghi di pino e ricoperta di neve di mela, fili sottili di mela e aghi di pino giovane. Da papparne dieci e non essere ancora appagati.

5. Fine (le precedenti uscite qui e qui, e ancora qui e qui).


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
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