30-03-2012
L'esultanza di Antonello Colonna davanti all'ingresso del suo nuovo progetto: il resort a Vallefredda - Labico, telefono +39.06.9510032, dove "arrivareentrarepensarecamminaremangiaredormiresognarefesteggiareraccontare". In estrema sintesi: dove vivere la gioia
Antonello Colonna nel cantiere di Vallefredda a Labico - Roma
Il tetto del resort di Vallefredda, con la pista per le esibizioni delle auto
La piscina all'aperto
E quella all'interno
La casa dei contadini che accoglie anche la suite 13, la più stregante e isolata
Il banco al di qua della cucina a vista nella suite numero 13
Adriano Baldessarre, chef del Resort Vallefredda con uova di papera
Adriano Baldessarre
Uova strapazzate con guanziale. Slurpissimo
Testo e foto di Paolo Marchi, Vallefredda 29 marzo 2012
Non lo avrà fatto apposta, ma quando mercoledì 11 aprile accoglierà nel resort di Vallefredda (Labico – Roma) il corteo di auto e di invitati Mercedes, Antonello Colonna inaugurerà la sua nuova struttura festeggiando anche i 56 anni, e per una volta la sua età coinciderà con l’anno di nascita, il 1956. “Stesso anno di Ducasse”, gli scappa.
Vallefredda è un po’ ristorante e un po’ buon ritiro, un albergo del gusto, ma anche un’azienda agricola a pochi passi, immerso nel verde, un sogno tra San Cesareo e Valmontone. A poca distanza passa la Roma-Napoli e Labico, dove i Colonna hanno sempre avuto un’osteria cresciuta di importanza nel tempo prima del trasloco del nostro in centro a Roma, è proprio al di là di una collina, prima la stazione ferroviaria, poi l’abitato un tantino schimbescio. Ma il tutto, quando sei a Vallefredda, è nascosto allo sguardo da un gioco di onde del terreno, isolato da tutto con tutto però, Urbe compresa, a poca distanza.
Giornata piena e bella quella di ieri perché da tempo Antonello parla di Vallefredda, senza trascurare l’Open in via Nazionale perché ad aprile non chiuderà da una banda per aprire da un’altra, come ha già fatto una volta portandosi dietro la storica porta in smalto rosso. E la nuova operazione va oltre un mero raddoppio degli sforzi. Galeotta, almeno per me, è stata una mail a metà marzo, in sintesi un disco verde per scendere nella capitale, un “quasi tutto pronto, vieni a vedere”.
Davvero un bel vedere anche perché quando sei a destinazione, un parco di 20 ettari, non vedi più il brutto della Casilina e di certi speculazioni da galera che costellano la capitale. Costruzione grigia, un piano unico, 150 metri di sviluppo in lunghezza per una trentina in larghezza, cinque blocchi che nei disegni degli architetti ricordano le tessere di un domino sistemate sfalsate tra loro, con il corridoio centrale che corre diritto, senza però dividere in due metà uguali ogni blocco che può vivere separato dal resto secondo le esigenze del momento.
Sulla collinotta alle spalle, direzione Labico, ecco l’Agricola Vallefredda. Esiste da più tempo. Antonello acquistò una casa colonica con animali e contadini annessi, il nocciolo di ogni sogno a seguire. Quel tetto oggi è per metà la casa di una famiglia di contadini e per l’altra la tredicesima suite. Da sballo assoluto. Un rettangolo di quattro metri per dodici, misura spannometrica, a occhio. Entri e subito ecco una cucina a vista con alcune sedie alte, poi il tavolo da pranzo in marmo (il piano) e in ferro (la struttura), quindi una poltrona rossa in legno stile texas, infine il letto, matrimoniale. Il bagno dietro una porta scorrevole, quattro o cinque finestre su stalle e pollaio. Tra i due piaceri assoluti della vita, il cibo e il sesso, corrono pochi metri, pochi una volta che sei lì.
Per Pasqua ha invitato gli amici, che hanno tutti un nome tra il vippame e il gossip, con una cartolina dal testo un po’ sibillino, da obbligarli a chiamarlo per capirci di più. Poi l’obbligo con la Mercedes di essere pronto, con quel tetto/terrazza di 3mila mq che è anche una spianata per auto e preziosità varie da mettere in mostra. “Avere accettato questo evento, tre giornate, mi obbliga a non perdere tempo”.
Ha riesumato il vecchio numero di telefono di quando ancora se ne stava a Labico: “E’ mitico: 06.95.100.32, scrivilo come se lo scandissi, era dei miei genitori”. Quando verosimilmente non eri ancora obbligato a usare il prefisso anche all’interno della stessa area.
A Vallefredda andra in scena il cibo. Lo chef si chiama Adriano Baldassarre, 35 anni, ex Tordo Matto a Zagarolo, ex Sibilla a Tivoli e ora pure ex Salotto Culinario sulla Tuscolana. “Noi il cibo lo rappresenteremo. Non lo si vedrà in ogni frangente come quando si entra in un locale, ma ci sarà sempre. Basterà chiedere. Ad esempio le prime colazioni: la migliore che abbia mai fatto fu da Anthony Genovese a Palazzo Sasso a Ravello, c’era tutto ma nulla di già in vista. Ti accomodavi e tutto arrivava come per magia. Sarà come concretizzare dei sogni”.
Pausa, si alza e mima mentre parla: “All’Open ieri (mercoledì per chi legge, ndr) ho fatto 630 coperti. Certo non erano tutti la sera a 150 euro nel locale gourmet, ma i 15 euro per il buffet nei feriali a pranzo e i 30 per il brunch la domenica, mi permettono di fare il figo la sera. Poi sento certi che se ne stanno sulla soglia a girarsi i pollici e a chiedersi se qualcuno entrerà da loro e nessuno entra e danno la colpa alla partita della Roma, come se giocasse in Champions ogni sera. Cazzo, no! Non vengono da te perché non sai fare il tuo mestiere. Roma ha milioni di abitanti, mica tutti ultras giallorossi e non ne convinci 50 a cenare da te? Poi è chiaro che uno se lo dice per crearsi un alibi, per non darsi del fallito, ma lo è. Quelli dell’alta moda sono rinati quando si sono messi a fare le magliette e così i Tiffany che ora non si vergognano si staccare scontrini da nulla, ma migliaia di nulla fanno fatturato
E io lavoro in questo senso. Non dobbiamo fare gli schifiltosi, serve anche il buffet e non è un tornare ai tempi che furono. Negli anni Settanta ci si muoveva in 128 e al ristorante mangiavi l’orecchia di elefante, i tagliolini al limone, il risotto alle fragole, gli straccetti con la rucola. E tutti erano contenti. Poi arrivò Marchesi e ci disse basta e convinse tutti che tutto era sbagliato e partì la rivoluzione. Oggi i suoi ragazzi formano un esercito, ma dov’è il Ducasse che sa aprire e far funzionare 28 posti?”.
La risposta è ovvia e va dedotta: lì a Vallefredda. “Il cliente va fatto godere, deve divertirsi. Ducasse è andato all’Andana e ha fatto una trattoria toscana, ma non come tutte le altre, con stile e qualità, mica con camerieri sporchi o piatti unti e pesanti. Io impalerei quelli che quando in albergo torni in stanza ti fanno trovare un cioccolatino sfigato e un cartellino cion sopra scritti ‘Tempo previsto domani: pioggia’. Complimenti per l’autogol. Io farò trovare qualche delicatezza per la notte, carinerie. La gente non vuole pagare per farsele martellare”.
Vedremo, sapremo e possibilmente godremo. Intanto si sappia che a maggio inizierà il master in cucina per cuochi già formati ma che intendono allargare gli orizzonti e riuscire a ragionare anche da manager. Attingeranno anche alla libreria che verrà allestita dal Sole-24Ore con Alinari, seicento referenze non solo di cucina, e a tutto quello che Colonna saprà coagulare attorno Vallefredda, i mercati della terra ad esempio: “Intendo celebrare l’orgoglio della cucina italiana, scrivilo”. Scritto.
Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi