11-05-2016
Daniel Young con Franco Pepe. Il primo ha dovuto annullare la presentazione del suo Where To Eat Pizza, prevista alla Reggia di Caserta. A Identità Golose spiega perché (foto Luciano Furia)
Molto si è discusso in queste ore, perlomeno tra addetti al settore, del "caso Pepe", ossia la decisione della casa editrice Phaidon di cancellare la grande presentazione, prevista alla Reggia di Caserta, di Where To Eat Pizza, la nuova guida globale delle migliori pizzerie del mondo, curata da Daniel Young.
Ricordato in doverosa premessa che pur sempre di pizze si tratta, e vi sono problemi più gravi, un certo scalpore ha suscitato il fatto che le pressioni per bloccare un grande evento che avrebbe celebrato uno dei cibi italiani per eccellenza, incoronando Franco Pepe al primo posto, e che premiava 10 nostri connazionali ai primi venti, tra i quali i primi quattro assoluti e 7 dei top 10, siano giunte dall'Italia, e da Napoli per la precisione. Motivo: qualcuno avrebbe voluto che detta presentazione non si tenesse appunto a Caserta, ma 30 km più in là.
Nel nostro pezzo di ieri spiegavamo tutto con accuratezza, ma non sono mancati gli equivoci: innanzi tutto va ribadito il fatto che non certo i pizzaioli napoletani in blocco, ma solo qualche esponente - pare, nemmeno pizzaiolo - abbia intrepreso questa improvvida iniziativa. Fanno testo ad esempio le parole di un professionista integerrimo come Francesco Salvo, giunto nono nella classifica mondiale: «Noi siamo pronti, lo eravamo già, a dare il giusto lustro a tale occasione e a festeggiare, lo merita, degnamente l'amico e collega Franco. Spero si possa recuperare. Noi siamo qua e ci saremo ovviamente anche in futuro».
L'articolo di ieri: Franco Pepe trionfo con giallo
Per tagliare la testa al toro e fare definitivamente chiarezza, non ci restava che sentire lo stesso Young. Per la verità, ci interessava più parlare di pizza che di polemiche. Ma non potevamo non registrare una sua rivelazione. E farci il titolo.
Daniel Young, prima di tutto, qual è il commento d'insieme sul panorama che emerge dal tuo lavoro? «Non si trova ottima pizza ovunque, ma la guida prova che la si trova in tanti posti differenti, da Flagstaff, Arizona, negli Stati Uniti, ad Akō, prefettura di Hyōgo, in Giappone. Ciò che serve è un panificatore appassionato, guidato da un maestro ma anche autodidatta, che abbia volontà di imparare, familiarizzando con la migliore materia prima possibile e poi facendo pratica, pratica, pratica. Hipster o ultra-tecnologico che sia, questo pizzaiolo del nuovo millennio sceglie diversi approcci possibili. Alcuni sono strettamente legati alla scuola napoletana, fino all’ultima particella di farina 00. Altri sviluppano un’interpretazione artigianale di uno stile regionale, in una sorta di “diaspora della pizza”. Altri ancora incorporano una varietà di influenze sia dal mondo della pizza che da quello del pane, per sviluppare un proprio stile personale. Presi tutti insieme hanno arricchito il panorama della pizza nel mondo».
Ai primi posti della tua classifica ci sono Franco Pepe (Campania), Gabriele Bonci (Roma), Ciro Salvo (Napoli) e Simone Padoan (Verona): tutta Italia è rappresentata, Nord, Centro e Sud, ma gli stili sono diversi. Sei per la tradizione o l’innovazione? «Questi pizzaioli hanno una caratteristica in comune: sono tutti specialisti dell’impasto, lo studiano a fondo. Ne sono persino ossessionati, analizzano le cotture, le proprietà della farina, l’idratazione e una dozzina di altre caratteristiche. Io sono un sentimentale e rispetto la tradizione, ma non è possibile dire che una cosa è perfetta solo perché così la faceva mio padre o mio nonno. Questi pizzaioli si distinguono perché sfidano le tradizioni, mettono alla prova le ipotesi. Perciò sono degli innovatori».
Non si è potuta tenere (ancora) una presentazione del libro in Italia. Doveva essere alla Reggia di Caserta, ma è saltata. Perché? «Non so tutto quello che è successo dietro le quinte. Alcune persone chiave nel mondo della pizza napoletana volevano che questa presentazione si tenesse a Napoli, non Caserta. Per loro era una questione di orgoglio. Altri si sono opposti perché ho stilato la classifica dei top 20. Ma la campagna contro la presentazione della guida è stata istigata da un individuo calcolatore come vendetta personale nei confronti di Franco Pepe».
La Hometown Brisket del Paulie Gee’s a Brooklyn, New York: la pizza forse più bizzarra (ma buona) mangiata da Young
Come immagini la pizza del futuro? «I giapponesi, in particolare, sono discepoli fedeli della pizza partenopea. Quando vanno a Napoli seguono i maestri locali, i loro “sensei della pizza”, persino nelle toilette degli uomini, tanto sono avidi di osservare ogni loro mossa! Questo è un ottimo modo per imparare e ho grande rispetto per la loro dedizione e per ciò che poi riescono a fare: il Giappone è ora uno dei più importanti Paesi della pizza nel mondo. Ma quando uno stile è racchiuso in limiti stringenti - gli ingredienti, le attrezzature e le tecniche che si possono o non si possono usare – deve fare i conti con forti limiti alla creatività. Quindi lo sviluppo futuro possibile è, secondo me, in una sorta di pizza neo-partenopea, che prenda la classica pizza di Napoli come punto di partenza ma poi si sviluppi attraverso la creatività e l'innovazione. Questo movimento, se si può chiamare così, è già vivo persino a Napoli. Dico un’altra cosa: a mio giudizio nessun pizzaiolo potrà mai migliorare la tradizionale pizza Margherita. Ma non c’è ragione per non provarci».
Qual è la pizza più "strana" (ma buona) che hai mangiato? «Non ho assaggiato troppe pizze bizzarre, per fortuna. La più strana che abbia avuto modo di gustare di recente è la Hometown Brisket del Paulie Gee’s a Brooklyn, New York: mozzarella, manzo BBQ, cipolle rosse sottaceto e salsa barbecue. Il Paulie Gee’s è al 17° posto mondiale nella classifica che abbiamo stilato per Where To Eat Pizza. A questo proposito, e per finire, devo dire che la maggior parte dei pizzaioli non ha una formazione da chef. Così, quando provano a tutti i costi a essere creativi, spesso rischiano di commettere veri e propri crimini contro il buon gusto. Invece i grandi – penso a Pepe, Padoan, Coccia e alcuni altri - pensano come chef. Chef intelligenti. E puntano alla semplicità, all’armonia, all’equilibrio».
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera