08-06-2018
I vigneti del Montecucco: oltre il 65% della produzione è bio
Un compleanno importante, per il Montecucco. La denominazione (Doc e Docg) ha appena compiuto 20 anni: un traguardo che, nel mondo del vino, vuol dire essere poco più che dei “giovincelli” in mezzo ad alcuni colossi che magari sono arrivati alle 50 e più vendemmie. Per il Montecucco questo traguardo rappresenta più un nuovo punto di partenza, per farsi conoscere.
Ci troviamo nella scalpitante Toscana, in provincia di Grosseto (quindi anche all’interno dell’area geografica della doc Maremma Toscana), e il focus, per quanto riguarda i vini rossi, è il Sangiovese: la Docg, per esempio, nata nel 2011, prevede l’utilizzo del Sangiovese per almeno il 90% e delle rese ettaro massime di 70 quintali.
La mappa della denominazione
Una convinzione “green” che deve essere comunque tradotta in una buona qualità dei vini. E a Montecucco, in tal senso, ci stanno lavorando. «Abbiamo fatto grandissimi progressi – conclude Basile – Siamo pochi produttori, nati e cresciuti per amore di questo territorio».
Un vino che, forse, in Italia non è molto conosciuto: se escludiamo l’ultima vendemmia, la produzione media è di circa 11,5 mila ettolitri e due terzi di questo vino viene venduto sui mercati esteri. Difficile quindi che il Montecucco, in Italia, possa essere molto diffuso, per una semplicissima questione di numeri: ci sono poche bottiglie.
Il presidente del Consorzio Claudio Carmelo Tipa
E poi il presidente conclude con una battuta: «Ci troviamo tra le zone del Morellino di Scansano e del Brunello di Montalcino. Come devono essere i nostri vini? Direi che dovrebbero avere la profondità dei vini di Montalcino e la gioia di quelli del Morellino».
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose