03-12-2015

Bollicine e bicicletta

Francesco Moser è un'icona assoluta del ciclismo, ma sono le vigne la prima passione di famiglia

Carlo Moser è il figlio maggiore del grande campi

Carlo Moser è il figlio maggiore del grande campione del ciclismo Francesco, ma è anche il vicepresidente di Trentodoc, a confermare l'intenso rapporto che la famiglia ha con la cultura del vino

Due B nella vita della famiglia Moser: bicicletta e bollicine. Da tre generazioni lavorano la terra, coltivano i vigneti e vinificano le proprie uve. L‘azienda si trova sulle colline di Trento nella zona di Maso Villa Warth, un tempo sede di una dimora vescovile.

Ma se si dice Moser, si dice anche bicicletta. Lo Sceriffo, così era chiamato Francesco quando gareggiava, è una leggenda per gli appassionati di ciclismo. Vinse un Giro d'Italia, oltre a un campionato del mondo su strada e a uno su pista. «Nel cuore di papà, ancora prima della bicicletta, c’era la vigna - spiega Carlo Moser, il figlio maggiore e vicepresidente di Trentodoc - Ha iniziato a lavorare a 14 anni tra i filari d'uva e a 18 ha cominciato a correre». 

Il museo della bicicletta creato da Francesco Moser

Il museo della bicicletta creato da Francesco Moser

Ma il legame "bollicine-bicicletta" non è nulla di nuovo. «Pensiamo allo champagne, in Francia. Si è sempre stappato per festeggiare le vittorie nelle corse dei professionisti» commenta Carlo. Infatti la passione di Francesco per il metodo classico partì proprio da lì. «Quando papà correva, un giorno incontrò il direttore commerciale di Moët et Chandon. Da quel momento abbiamo iniziato a fare metodo classico». 

La prima annata di bollicine della Cantina Moser risale al 1984. Nel 1999 la produzione venne spostata da Palù del Fersina a Trento e sospesa in seguito per sei anni. Nel 2006 ripartì a pieno ritmo. Riguardo al panorama del metodo classico italiano Carlo confessa: «Spero che il mercato mondiale pian piano riesca ad accogliere il nostro Trentodoc - e continua - noi apparteniamo a una certa fascia di prezzo. Lavoriamo un prodotto di qualità, per una nicchia di clientela».

Gli acquirenti non sono solo italiani. «Vendiamo soprattutto in Belgio, ma anche in Germania, Svizzera, Norvegia e negli Stati Uniti - spiega Carlo - penso che in America si potrà investire tempo e risorse. Oltreoceano la ristorazione italiana è molto ben educata al nostro vino. Il prodotto viene apprezzato». 

La cantina Moser

La cantina Moser

L’azienda Moser, che produce in totale 120mila bottiglie di cui 35mila sono di metodo classico, utilizza solo ed esclusivamente le proprie uve. I vini prodotti sono tre bianchi, due rossi e due bollicine. «Abbiamo il Trentodoc Rosè e il 51,151 che prende il nome dal record di mio padre in Messico nel 1984». Quest’ultimo è vinificato da uve di Chardonnay (90%) e di Pinot nero (10%) da vigneti posti a 350-400 metri di altezza. Dopo la fermentazione e l’affinamento in vasche di acciaio, botti e barriques di rovere e acacia, rimane in bottiglia su lieviti per un minimo di 30 mesi fino al momento della sboccatura. «E' uno dei prodotti che mi piace di più. Mi ricorda la festa - spiega Carlo - le bollicine affascinano tutti, anche i non appassionati».

Il figlio maggiore di Francesco parla del vino con passione, anche se il suo sogno da ragazzino era un altro. «Avrei voluto fare l’architetto, ma mi sono iscritto alla facoltà di economia e in seguito di finanza». Poi un’esperienza di lavoro in Svizzera, lontano dalla famiglia. «Tutto quello che ho vissuto, era fatto con il solo intento di tornare in azienda più competente di prima. Per poter essere un valore aggiunto per la mia famiglia».


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Barbara Giglioli

classe 1990, varesina, dopo la laurea in Linguaggi dei media ha frequentato il master in giornalismo dell’Università Cattolica. Ama cucinare, mangiare e scrivere di gastronomia

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