06-12-2014

Piccini e il dilemma capesanta

Dalla Maremma al nuovo indirizzo nell'hotel di lusso: cambia qualche piatto, non la mano. Felice

Valeria Piccini sorride dalla terrazza che domina

Valeria Piccini sorride dalla terrazza che domina il salone centrale del Winter Garden, ristorante d'haute cuisine del St. Regis di Firenze (foto Alessandro Moggi)

…E a un certo punto Valeria Piccini s’imbatté nelle capesante: «Non che non le conoscessi, ma non le avevo mai cucinate», spiega raccontando del suo sbarco in città, lei chef di campagna che Da Caino a Montemerano ha sempre viziato il commensale solo dopo averlo costretto a macinare parecchi tornanti e ancor più chilometri nella Maremma più fuori mano («Fossimo in Francia sarebbe considerato un plus, non un difetto», scrive con la consueta arguzia Gianluca Biscalchin). E allora eccole, le capesante. Per la precisione: Noci di capesante norvegesi, crema di cavolfiori al limone e caviale, piatto d’esordio (buonissimo, ça va sans dire. E piacione, come evidente) di un menu speciale – sarà quello del pranzo di Natale, per chi volesse prenotare – con il quale si festeggiano anche i recentissimi riconoscimenti stellati, qui al Winter Garden, ristorante di fine dining del St. Regis, cinque stelle che guardano l’Arno nel centro storico di Firenze.

La Piccini con la brigata fiorentina: alla sua sinistra è l'executive chef Michele Griglio (foto Passera)

La Piccini con la brigata fiorentina: alla sua sinistra è l'executive chef Michele Griglio (foto Passera)

Valentino Bertolini, general manager della struttura dopo una vita in giro per il mondo, sogghigna soddisfatto: «Valeria è straordinaria». Lei ammicca, la sua base rimarrà Montemerano, ma qui la si vede spessissimo, «prendo la corriera da Grosseto. L’auto? Non mi fido tanto». Arriva il mattino presto, va via la sera tardi e soprattutto non sta con le mani in mano: «C’è una parola di sei lettere per definire tutto ciò: lavora. Davvero», sintesi mirabile dell'enogastronomo Antonio Paolini mentre addenta Tagliolini con coda di astice, cime di rapa e pomodori secchi, la seconda portata del menu. Magari la Piccini non avrà direttamente controllato il punto di cottura della pasta (ottimo), poiché a questo pensa il giovane executive chef Michele Griglio, origini torinesi, già con Walter Eynard a Torre Pellice, Paul Knight, Ryan Matherson e Allister Bishop a Londra, Marc Lanteri a Mondovì; ma lei è lì, a sovrintendere. E soprattutto a ideare piatti che non sono gli stessi di Da Caino: «Io cercavo una vetrina fiorentina per la mia cucina, loro (quelli di Starwood Hotels, ndr) un nome prestigioso che desse un’impronta toscana alla cucina. Ci siamo trovati».

E allora torniamo al dilemma della capasanta, che poi è anche quello della coda d’astice. Ossia: come si sbarca con la dispensa di campagna in un super-hotel da città d'arte, affollato di turisti abbienti che vengono da mezzo mondo? «Occorre creare un menu che rispetti le esigenze di una clientela d’albergo. Proponiamo anche piatti vegetariani…», dice furtivamente, quasi fosse qualcosa di cui vergognarsi un po’... D’altra parte si sa: lei è cuoca di carne, «a Montemerano non c’è il mare», ridacchia.
 
Sella d’agnello, fave secche, puntarelle e acciughe del Cantabrico: grandissimo piatto del prossimo pranzo natalizio al Winter Garden. Una versione simile la si può gustare anche all'indirizzo storico della Piccini, Da Caino a Montemerano (foto Passera)

Sella d’agnello, fave secche, puntarelle e acciughe del Cantabrico: grandissimo piatto del prossimo pranzo natalizio al Winter Garden. Una versione simile la si può gustare anche all'indirizzo storico della Piccini, Da Caino a Montemerano (foto Passera)

E allora proponiamo un elenco di ingredienti che qui a Firenze scusate, ma non è il caso: «Niente animelle, niente cuore, niente alici fresche, niente pannicolo (il diaframma toracico, non lo sapevate? Una ricercatezza da buongustaio, ndr). Gli americani non apprezzerebbero». Largo invece a quel che Da Caino si vede poco o niente: «Mi sto abituando a cucinare rombi, spigole… E i crostacei!». La cosa inizia a piacerle, «l’altro giorno dei clienti russi mi hanno fatto i complimenti: erano venuti a cenare tre volte di seguito», anche se un po’ le manca quell’azzardo in cucina «con la materia magari più povera ma gustosa», da sempre il suo credo. 
 
Poco male, si considera, assaggiando Tortelli di fagianella, olive taggiasche e pecorino di Pienza. E anzi molto bene, è portentosa - prima del Monte Bianco di Valeria, dessert a tutto tondo - la Sella d’agnello, fave secche, puntarelle e acciughe del Cantabrico, piatto che vale la standing ovation. Come lo cucinerebbe a Montemerano? «Lo cucino allo stesso modo, in più aggiungo della maionese d’acciughe, fatta con l’uovo, e la cicoria saltata in padella». Versione più rustica o più raffinata, Da Caino o al Winter Garden, comunque non si sbaglia.

 


Carlo Mangio

Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo?
La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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