14-06-2018

Perbellini-Belluco: il nostro orto al Dopolavoro

Al ristorante gourmet del Marriott che guarda Venezia i due chef possono sfruttare ben 2000mq di campi coltivati bio

Giancarlo Perbellini e Federico Belluco nell'o

Giancarlo Perbellini e Federico Belluco nell'orto del Dopolavoro, ristorante gourmet del J W Marriott Venice Resort & Spa,

Tutti (no, non tutti: molti) a farsi belli con l'orto del ristorante, «le verdure che serviamo arrivano da qui», poi vai a vedere e scopri un pezzettino di terra neanche sufficiente ad approvvigionare una famiglia, figurarsi un locale pubblico. C'è invece chi l'orto ce l'ha davvero. E che orto!

Siamo a Isola delle Rose, al secolo Sacca Sessola, 16 ettari (dei quali 12 a verde) nella Laguna di Venezia, sulla Codas di Reziol, un ramo del Canale Rezzo. Isola artificiale, realizzata nel 1870 con il materiale degli scavi per il porto commerciale di Santa Marta. Qui nel 1936 re Vittorio Emanuele III inaugurò l'Ospedale Pneumologico Achille De Giovanni, struttura di concezione moderna; intorno ai padiglioni si realizzarono il grande parco, la centrale termica, i depositi, le officine, il dopolavoro col cinematografo e la torre idrica. Si confermò quindi la destinazione del luogo, che già precedentemente - per l'aria salubre - era stato pensato come centro di cura per i malati di tubercolosi.

Venezia vista dall'Isola delle Rose

Venezia vista dall'Isola delle Rose

L'ospedale ha chiuso nel 1979; nel 2000, dopo oltre 20 anni di degrado, sono iniziati i lavori, affidati a Matteo Thun, per riconvertire l'imponente struttura, che dal 2015 è diventata il J W Marriott Venice Resort & Spa, un hotel di punta della catena internazionale Marriott. Oggi il cinque stelle dispone di 266 camere nel corpo centrale, più 55 nei quattro corpi staccati. Tutto immerso nella natura, con 15 giardinieri fissi a curare la miriade di pianti e fiori.

Ma l'orto del ristorante? Iniziamo allora dal ristorante. S'è parlato prima del dopolavoro edificato contestualmente all'ospedale. E proprio Dopolavoro dining room si chiama l'indirizzo gourmet di Isola delle Rose, affidato alla consulenza di Giancarlo Perbellini. Questi vi ha insidiato il "suo" Federico Belluco, classe 1988 da Rivalta Torinese, ragazzo di poche parole ma ottimo talento. La stella Michelin è arrivata nel dicembre 2015.

Il Dopolavoro: facciata e, sotto, la sala

Il Dopolavoro: facciata e, sotto, la sala

«Dove sono gli chef?». La nostra scoperta del bellissimo orto del Dopolavoro, che s'estende per circa 2mila metri quadri proprio alle spalle di quest'ultimo, è avvenuta mentre cercavamo, appunto, Belluco e Perbellini. Erano a guardare i carciofi, «quanti carciofi quest'anno!», confabulavano quando li abbiamo raggiunti. Quelli della tipologia Sant'Erasmo, peraltro, presidio Slow Food: squisiti, gli chef ce ne avevano dato una dimostrazione la sera prima a cena. Con un piatto, i grandi cuochi parlano così, mica con le chiacchiere: Seppie crude, carciofini, rafano.

Ma poi gli elementi vegetali avevano costellato l'intero pasto, ergendosi spesso a coprotagonisti, perché eccellenti: Insalata di baccalà, cipolle, pomodoro, acciughe e pinoli; Raviolo di mais tostato e caviale di nero di seppia (golosissimo); Pasta e fagioli di Lamon, fave, olio al rosmarino e aragosta; Petto di fischione, insalata di gamberi veneziani (le schie), polenta e carletti; "Crema fritta", pere, passion fruit. Una cena da applausi, al termine della quale avevano sottolineato: «In estate, l'80 per cento dei vegetali sono prodotti qui in loco, da noi. E non è facile...».

Seppie crude, carciofini, rafano

Seppie crude, carciofini, rafano

Insalata di baccalà, cipolle, pomodoro, acciughe e pinoli

Insalata di baccalà, cipolle, pomodoro, acciughe e pinoli

Raviolo di mais tostato e caviale di nero di seppia

Raviolo di mais tostato e caviale di nero di seppia

Pasta e fagioli di Lamon, fave, olio al rosmarino e aragosta

Pasta e fagioli di Lamon, fave, olio al rosmarino e aragosta

Petto di fischione, insalata di gamberi veneziani (le schie), polenta e carletti

Petto di fischione, insalata di gamberi veneziani (le schie), polenta e carletti

"Crema fritta", pere, passion fruit

"Crema fritta", pere, passion fruit

Che non fosse una boutade l'abbiamo scoperto, appunto, il mattino seguente. Belluco: «Non compriamo praticamente mai le aromatiche. Né carote, carciofi, pomodori, peperoni, melanzane, misticanze varie, gombi. E la frutta: albicocche, fichi, frutti di bosco come more, ribes, corbezzoli.... Sperimentano anche altre colture, «abbiamo seminato i manghi e stanno venendo bene», spiega ancora lo chef.

Ma qui conviene introdurre un terzo personaggio: Michele Savorgnano, classe 1968 da Muzzana del Turgnano, quattro case nell'entroterra friulano tra Palmanova, Lignano Sabbiadoro e Grado. Lui si definisce "ortolano indipendente". Qualche anno fa si è inventato Fud, che sta per Fattoria Urbana Diffusa, nata poi ufficialmente come associazione nel dicembre scorso. Slogan: "Non guardare solo al tuo orticello". Ci spiega: «Promuovo la cura dei luoghi urbani e formo le persone che si prestano a curarli, spesso pescando tra il disagio sociale, in modo da creare percorsi anche professionali». Parliamo di orti, ma non solo di orti. «Non esiste una legislazione specifica sulle coltivazioni urbane, dove spesso si può produrre in modo più sano rispetto alla campagna, meno inquinante». Molti i progetti già al suo attivo, tra i quali una mappatura di tutti gli spazi verdi della Giudecca. Belluco e Perbellini gli hanno affidato la cura dell'orto al Dopolavoro.

Michele Savorgnano, a destra, con il suo collaboratore Nadir Zitti Cardenas nell'orto del Dopolavoro

Michele Savorgnano, a destra, con il suo collaboratore Nadir Zitti Cardenas nell'orto del Dopolavoro

Funziona così: «Noi gli forniamo la lista dei prodotti che pensiamo possano servirci; lui si occupa di sviluppare le coltivazioni relative», raccontano gli chef. In realtà si è creata una perfetta interazione. Savorgnano: «Fornisco loro i prodotti freschi, oltre alle verdure anche i fiori commestibili e le aromatiche. Ma il progetto mi pare particolarmente interessante anche per un'altra dinamica che si è creata: io, che non sono più di primo pelo, mi trovo a dialogare con un giovane chef sulla stagionalità degli ortaggi, sull'utilizzo delle erbe spontanee, su tutto quanto riguarda la crescita dell'orto». Quando gli chiediamo quante tipologie di vegetali coltiva, risponde ridendo: «Non ne ho la più pallida idea. Diciamo tante. Solo di menta, quindici tipologie diverse».

Perbellini-Belluco

Perbellini-Belluco

Le sue tecniche prescindono del tutto dall'uso dei pesticidi, «siamo bio 100%, anche se non abbiamo chiesto la relativa certificazione. Sto attuando anche delle misure per la rigenerazione del suolo, ricordiamo che qui ci sono stati importanti lavori per la nascita dell'hotel. Così ne dobbiamo aumentare la ricchezza biologica con un'alternanza specifica: prima immettiamo piante spontanee perenni, poi arricchiamo di compost, e così via». Si parte dal seme, «non compriamo piantine», la pianta nasce e si sviluppa sull'isola, spiegano Perbellini e Belluco.

Quest'ultimo è entusiasta degli esiti: «Qui non c'è il clima di Venezia: tira sempre un venticello che porta via molta umidità. Inoltre il suolo è particolare: viene da scavi, stava sott'acqua, è particolarmente ricco di minerali. Così le verdure che produciamo sono sapide, ricchissime di sapore: per dire, io l'insalata neanche la salo».


Carlo Mangio

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La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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