31-10-2014
Massimo Bottura, chef e patron dell'Osteria Francescana a Modena durante la presentazione di Vieni in Italia con me sul palcoscenico di Eataly Smeraldo a MIlano lo scorso 28 ottobre
Modena sabato scorso, 25 ottobre, millecinquecento persone nella sua città ad ascoltarlo. E martedì 28 eccolo a Milano, da Eataly Smeraldo. Roma più avanti, domenica 30 novembre, dove di certo non passerà inosservato. Avrà anche intitolato la versione inglese del suo primo vangelo di vita Never Trust a Skinny Italian Chef, Non credere mai a uno chef italiano pelle e ossa, ma intanto il cuoco magro magro non è certo lui, e in più in Massimo Bottura, perché è di lui che stiamo scrivendo, quel pelle-e-ossa va inteso non come magrezza fisica, bensì come aridità di pensieri, cuore e carattere.
E nella versione italiana il titolo cambia, diventa Vieni in Italia con me, e uno d’istinto si chiede perché non è stato usato per la versione mondo. Vieni in Italia con me però è anche il titolo del quarto capitolo e, prima ancora, di un libro del 1937 dedicato a Benito Mussolini da parte del fondatore della Cucina Italiana, Umberto Notari, volumetto che la moglie dello chef, Lara Gilmore, americana di New York, trovò un giorno su una bancarella di testi usati.
Il libro, curato da Phaidon e coedito in Italia con L’ippocampo, prezzo al pubblico 39,90 euro, fotografie di Carlo Benvenuto e Stefano Graziani, “non è un ricettario – ammonisce il modenese – anche se le ricette in chiusura le trovate”, tanto, aggiungo io, che nell’introduzione leggiamo “Questo è un libro di ricette profondamente italiano”. Ma quella parola ricette, in questo caso, è sinonimo di storie, italianissime. E’ la sua biografia, non un ricettario di quelli che oggi a nessuno viene negato. E’ la storia di un 50enne che studiava legge, che nel 1986, ventenne, venne portato da suo fratello Paolo in campagna aperta e non ne capiva il motivo. Campazzo era un puntino, più nebbia che case, una accoglieva una osteria il cui titolare era un mago dei motori per auto e Paolo cercava un meccanico per la sua officina Saab. E Massimo? Massimo, come il fratello sperava, capì che il mestiere di famiglia, commerciare idrocarburi, non era il suo “e così mi ritrovai proprietario di un locale in mezzo al nulla”.
Triglia alla livornese secondo la ricetta di Massimo Bottura
La mortadella piuttosto che le triglie alla livornese o la pasta e fagioli, ma ripensate. In tal senso, è da incorniciare questa frase: “La cucina è un luogo per ricordare, ma anche per cancellare”. Avere memoria del meglio, i sapori ad esempio, e far scendere l’oblio sul peggio.
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi